Si chiama Gabriele Sola, è nato a Vercelli nel 1966, vive a Treviolo ed è il nuovo Consigliere Regionale della Lombardia eletto, tra le fila dell'Italia dei Valori, nella circoscrizione di Bergamo.
Il suo sito internet è http://www.gabrielesola.it/
Ecco in dettaglio le preferenze ottenute dai candidati IdV della circoscrizione di Bergamo:
SOLA Gabriele 2719 preferenze
SPADA Franco 1481 preferenze
BREVI Simonetta 655 preferenze
SANTORI Angelo 602 preferenze
MARTINELLI Daniele 566 preferenze
MIRTANI Michele 431 preferenze
SPANO Alessandro 369 preferenze
Il 15 e 16 maggio si voterà per l'elezione del Sindaco di Ponte San Pietro. Chi voteresti?
martedì 30 marzo 2010
lunedì 29 marzo 2010
ELEZIONI REGIONALI - I VOTI IDV NELL'ISOLA
Ecco i dati definitivi riferiti ai voti ottenuti dall'Italia dei Valori in alcuni paesi dell'Isola Bergamasca:
BONATE SOPRA: 7,27% (Preferenze: Sola 20 - Brevi 11 - Martinelli 5 - Mirtani 3 - Spada 3 - Santori 2 - Spano 1)
BONATE SOTTO: 7,50% (Pref: Sola 19 - Martinelli 2 - Spano 2 - Brevi 1 - Santori 1)
CALUSCO D'ADDA: 7,11% (Sola 14 - Brevi 5 - Martinelli 5 - Spano 3 - Mirtani 1 - Santori 1)
CARVICO: 5,51% (Santori 7 - Sola 6 - Brevi 2 - Spano 1)
PONTE SAN PIETRO: 9,82% (dato provvisorio) (Sola 42 - Spano 11 - Brevi 7 - Santori 7 - Spada 6 - Martinelli 4 - Mirtani 4)
PRESEZZO: 6,75% (Sola 13 - Martinelli 3 - Spano 3 - Brevi 1 - Mirtani 1 - Santori 1 - Spada 1)
SOLZA: 5,08% (Sola 7 - Martinelli 1)
SOTTO IL MONTE: 6,59% (Sola 7 - Brevi 3 - Santori 2 - Spada 2 - Martinelli 1 - Mirtani 1)
TERNO D'ISOLA: 7,52% (Sola 14 - Martinelli 4 - Spada 4 - Santori 2 - Spano 1)
VILLA D'ADDA: 4,77% (Sola 4 - Spano 2 - Brevi 1)
BONATE SOPRA: 7,27% (Preferenze: Sola 20 - Brevi 11 - Martinelli 5 - Mirtani 3 - Spada 3 - Santori 2 - Spano 1)
BONATE SOTTO: 7,50% (Pref: Sola 19 - Martinelli 2 - Spano 2 - Brevi 1 - Santori 1)
CALUSCO D'ADDA: 7,11% (Sola 14 - Brevi 5 - Martinelli 5 - Spano 3 - Mirtani 1 - Santori 1)
CARVICO: 5,51% (Santori 7 - Sola 6 - Brevi 2 - Spano 1)
PONTE SAN PIETRO: 9,82% (dato provvisorio) (Sola 42 - Spano 11 - Brevi 7 - Santori 7 - Spada 6 - Martinelli 4 - Mirtani 4)
PRESEZZO: 6,75% (Sola 13 - Martinelli 3 - Spano 3 - Brevi 1 - Mirtani 1 - Santori 1 - Spada 1)
SOLZA: 5,08% (Sola 7 - Martinelli 1)
SOTTO IL MONTE: 6,59% (Sola 7 - Brevi 3 - Santori 2 - Spada 2 - Martinelli 1 - Mirtani 1)
TERNO D'ISOLA: 7,52% (Sola 14 - Martinelli 4 - Spada 4 - Santori 2 - Spano 1)
VILLA D'ADDA: 4,77% (Sola 4 - Spano 2 - Brevi 1)
sabato 27 marzo 2010
27 MARZO, L'ORA DELLA TERRA
Il Gruppo IdV Isola Bergamasca aderisce all'iniziativa "Earth Hour" promossa, per il 27 marzo 2010, dal WWF.
In tutto il pianeta si spengono le luci per un’ora.
Monumenti, palazzi, negozi, appartamenti. Comunità, scuole, singole case.
Un appuntamento planetario che quest’anno ha un significato ancora più forte: è il nostro modo per dire ai potenti che dopo il deludente vertice di Copenhagen noi non molliamo. Continuiamo a chiedere un accordo globale sul clima efficace e vero.
Se vivi su questo pianeta, non puoi mancare: www.wwf.it/oradellaterra
In Lombardia i monumenti e le città che spegneranno le luci saranno:
Milano - Castello Sforzesco
Cardano al Campo
Vimercate - Palazzo Trotti, ponte di San Rocco e Villa Sottocasa
Usmate Velate - Piazza Borgia e P.zza Scaccabarozzi
Lodi
Trezzo sull’Adda - Castello Visconteo
Cernusco sul Naviglio
Montano Lucino - scuole comunali
Villa d’Alme’
Bellusco - Scuola dell’Infanzia “B.Munari” e Campanile
Busnago - Palazzo Comunale
Bergamo - Propilei di Porta Nuova
Bergamo - Amm. Provinciale e sede del Parco dei Colli Monastero di Valmarina
Lodi - Pastorali di P.zza della Vittoria
Vanzaghello
Desenzano del Garda
Ranica
Bellusco
In tutto il pianeta si spengono le luci per un’ora.
Monumenti, palazzi, negozi, appartamenti. Comunità, scuole, singole case.
Un appuntamento planetario che quest’anno ha un significato ancora più forte: è il nostro modo per dire ai potenti che dopo il deludente vertice di Copenhagen noi non molliamo. Continuiamo a chiedere un accordo globale sul clima efficace e vero.
Se vivi su questo pianeta, non puoi mancare: www.wwf.it/oradellaterra
In Lombardia i monumenti e le città che spegneranno le luci saranno:
Milano - Castello Sforzesco
Cardano al Campo
Vimercate - Palazzo Trotti, ponte di San Rocco e Villa Sottocasa
Usmate Velate - Piazza Borgia e P.zza Scaccabarozzi
Lodi
Trezzo sull’Adda - Castello Visconteo
Cernusco sul Naviglio
Montano Lucino - scuole comunali
Villa d’Alme’
Bellusco - Scuola dell’Infanzia “B.Munari” e Campanile
Busnago - Palazzo Comunale
Bergamo - Propilei di Porta Nuova
Bergamo - Amm. Provinciale e sede del Parco dei Colli Monastero di Valmarina
Lodi - Pastorali di P.zza della Vittoria
Vanzaghello
Desenzano del Garda
Ranica
Bellusco
venerdì 26 marzo 2010
CHIUSURA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE: RINGRAZIAMENTI
Si sta chiudendo, in queste ore, quella che è stata la prima vera campagna elettorale del neonato gruppo IdV Isola Bergamasca.
E’ stato un impegno faticoso ma edificante e immensamente istruttivo.
Un doveroso pensiero di ringraziamento va ad ANGELO SANTORI, il nostro candidato al Consiglio Regionale della Lombardia; a tutta la squadra dei sette ottimi candidati bergamaschi dell’Italia dei Valori (Simonetta Brevi, Daniele Martinelli, Michele Mirtani, Angelo Santori, Gabriele Sola, Franco Spada, Alessandro Spano); alla segreteria provinciale di Bergamo dell’Italia dei Valori e, soprattutto, a tutti i cittadini che, a noi affini o meno, in queste ultime settimane, abbiamo avuto l’onore di incontrare per le strade della nostra provincia.
E’ stato un impegno faticoso ma edificante e immensamente istruttivo.
Un doveroso pensiero di ringraziamento va ad ANGELO SANTORI, il nostro candidato al Consiglio Regionale della Lombardia; a tutta la squadra dei sette ottimi candidati bergamaschi dell’Italia dei Valori (Simonetta Brevi, Daniele Martinelli, Michele Mirtani, Angelo Santori, Gabriele Sola, Franco Spada, Alessandro Spano); alla segreteria provinciale di Bergamo dell’Italia dei Valori e, soprattutto, a tutti i cittadini che, a noi affini o meno, in queste ultime settimane, abbiamo avuto l’onore di incontrare per le strade della nostra provincia.
mercoledì 24 marzo 2010
RISULTATI ELEZIONI 2009 NELL'ISOLA BERGAMASCA
In prospettiva di un confronto con i risultati delle Elezioni Regionali del 28 e 29 marzo 2010, vogliamo riproporre agli elettori dell'Isola Bergamasca i voti in percentuale ottenuti dall'Italia dei Valori nelle Elezioni Europee e Provinciali del giugno 2009.
Bonate Sopra
Europee: 6,03% - Provinciali: 5,82%
Bonate Sotto
Europee: 7,24% - Provinciali: 6,81%
Calusco d'Adda
Europee: 5,99% - Provinciali: 5,88%
Carvico
Europee: 5,56% - Provinciali: 4,35%
Ponte San Pietro
Europee: 8,47% - Provinciali: 8,27%
Presezzo
Europee: 7,04% - Provinciali: 7,39%
Solza
Europee: 5,80% - Provinciali: 5,33%
Sotto il Monte Giovanni XXIII
Europee: 5,46% - Provinciali: 5,04%
Terno d'Isola
Europee: 7,34% - Provinciali: 6,32%
Villa d'Adda
Europee: 5,22% - Provinciali: 3,37%
Bonate Sopra
Europee: 6,03% - Provinciali: 5,82%
Bonate Sotto
Europee: 7,24% - Provinciali: 6,81%
Calusco d'Adda
Europee: 5,99% - Provinciali: 5,88%
Carvico
Europee: 5,56% - Provinciali: 4,35%
Ponte San Pietro
Europee: 8,47% - Provinciali: 8,27%
Presezzo
Europee: 7,04% - Provinciali: 7,39%
Solza
Europee: 5,80% - Provinciali: 5,33%
Sotto il Monte Giovanni XXIII
Europee: 5,46% - Provinciali: 5,04%
Terno d'Isola
Europee: 7,34% - Provinciali: 6,32%
Villa d'Adda
Europee: 5,22% - Provinciali: 3,37%
Europee su base nazionale: 8,00%
Provinciali su base provinciale: 5,76%
domenica 21 marzo 2010
ELEZIONI 2010 - CANDIDATI A CONFRONTO
Elezioni Regionali 2010
Incontro/confronto tra candidati
(PD, PDL, LEGA E IDV A CONFRONTO)
E TU CHE LOMBARDIA VUOI? questo è il momento: PARLIAMONE INSIEME!
MERCOLEDI 24 MARZO 2010 – ORE 21,00
Presso auditorium del Liceo Scientifico Mascheroni, via Alberico Da Rosciate, Bergamo (nei paraggi della Questura)
ORGANIZZANO STUDENTI del LUSSANA E del MASCHERONI
APERTO a TUTTI!!!!
E' IL MOMENTO: E' L'ULTIMA SETTIMANA PER CHIARIRCI LE IDEE SULLA LOMBARDIA CHE ANDIAMO A SCEGLIERE! energia, ambiente, immigrazione, opportunità....QUALE LOMBARDIA VOGLIAMO? studenti, cittadini e politici, per una sera troviamoci insieme!
modera: Armando Di Landro, Bergamonews
ospiti:
Marcello SAPONARO, PD, consigliere regionale uscente e candidato al Consiglio Regionale della Lombardia
Carlo SAFFIOTI, PdL, consigliere regionale uscente e candidato al Consiglio Regionale della Lombardia
Angelo SANTORI, IdV, candidato al Consiglio Regionale della Lombardia
Roberto PEDRETTI, Lega Nord, candidato al Consiglio Regionale della Lombardia
DON MAZZI A DALMINE, 20 MARZO 2010
Nella foto (da sinistra verso destra):
- Vincenzo Orlando, Consigliere Comunale IdV di Dalmine
- On. Gabriele Cimadoro, parlamentare IdV
- Angelo Santori, Candidato IdV al Consiglio Regionale della Lombardia
- Don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus
- Enrico Terzi, responsabile Giovani IdV della Provincia di Bergamo
- On. Ivan Rota, parlamentare Idv, coordinatore nazionale IdV
domenica 14 marzo 2010
INCONTRI CON DON ANTONIO MAZZI
Il candidato alle Elezioni del Consiglio Regionale della Lombardia
Angelo Santori organizza
Angelo Santori organizza
SABATO 20 MARZO
il dibattito aperto
L’AVVENTURA EDUCATIVA
Il rapporto dei giovani con:
la famiglia, la scuola,l’alcool, la droga, il bullismo.
il dibattito aperto
L’AVVENTURA EDUCATIVA
Il rapporto dei giovani con:
la famiglia, la scuola,l’alcool, la droga, il bullismo.
Con la partecipazione di Don Antonio Mazzi (http://www.exodus.it/)
Interverrà l’On. Ivan Rota, coordinatore nazionale Italia dei Valori
> a TREVIGLIO dalle ore 17.00 alle ore 19.00
presso L’Auditorium Cassa Rurale in via C.Carcano nr. 15
presso L’Auditorium Cassa Rurale in via C.Carcano nr. 15
> a DALMINE dalle ore 20.00 alle ore 22.00
presso il Teatro Civico in via Kennedy nr. 3
presso il Teatro Civico in via Kennedy nr. 3
LA PARTECIPAZIONE È APERTA A TUTTI
PENATI PRESIDENTE - PROGRAMMA DI COALIZIONE
Programma alle Elezioni Regionali Coalizione Penati - Italia dei Valori -
PROGRAMMA DI COALIZIONE
UN NUOVO GOVERNO PER LA LOMBARDIA
Dalle nostre radici idee forti per il futuro
La Lombardia è una grande regione che ha saputo dare, nei secoli, sviluppo e benessere ai suoi cittadini. E’ stata ed è ancora uno dei grandi motori d’Europa. E’ tuttora il cuore pulsante dell’economia italiana. Rappresenta senza dubbio uno dei territori più forti e avanzati del mondo.
La grande dedizione al lavoro, la cultura d’impresa, il saper fare, il civismo diffuso e il senso della comunità, che hanno spinto centinaia di migliaia di lombardi a dedicarsi al volontariato, al settore non profit, al bene comune, sono caratteristiche fondanti che hanno permesso a questa terra di raggiungere, nel corso della sua storia, importanti risultati di crescita e prosperità.
Eppure oggi l’economia solida e il benessere diffuso sono messi in discussione da un mondo in rapido cambiamento. L’irrompere sulla scena internazionale di nuove grandi economie ha, in poco tempo, mutato il panorama del nostro pianeta scuotendo tradizionali certezze e antichi primati. Se a ciò aggiungiamo la crisi profonda in cui versa l’Italia, in seria difficoltà a confermare il ruolo di grande paese industriale nel nuovo secolo, anche per l’incapacità di governare del centrodestra, è evidente che per la nostra Regione si apre un futuro pieno di incertezze.
La sfida del governo regionale si connota, dunque, come una sfida sulla capacità di dare un futuro ai nostri cittadini e alle nostre imprese. Sfida per la quale Formigoni e la Lega mostrano limiti evidenti. Pensano che sia sufficiente amministrare un passato glorioso. Non hanno colto il carattere epocale della globalizzazione. Non hanno idee per dare ai lombardi la speranza di un futuro all’altezza di quel glorioso passato.
Ecco perché è TEMPO DI CAMBIARE.
La Lombardia ha bisogno di un presidente e di un governo regionale capaci di guidarla a vincere la competizione con gli altri territori sviluppati del mondo. Il provincialismo della Lega e una gestione della cosa pubblica che privilegia amici e corporazioni hanno portato all’esaurimento del modello di governo di Formigoni. E sono inoltre di ostacolo alla ricerca di una via d’uscita rapida dalla crisi economica, che ha picchiato duro anche nella nostra Regione con la cancellazione di migliaia di posti di lavoro e la chiusura di tantissime piccole e medie imprese.
Il centrosinistra con Filippo Penati è l’alternativa che serve alla Lombardia. Il centrosinistra ha idee chiare e proposte forti per vincere la sfida del nostro secolo. E vuole indicare alle imprese e ai cittadini la strada per uscire irrobustiti dalla crisi, e all’economia lombarda il modo per tornare a essere una delle più competitive d’Europa, in grado di creare ricchezza e lavoro qualificato.
Lo possiamo fare perché ci è chiaro che questo è il tempo per restituire alla buona politica e alle istituzioni il grande compito di orientare le scelte per il bene comune. Lo possiamo fare perché abbiamo già affrontato con successo le sfide della modernità: nei Comuni grandi e piccoli, nelle Province della Lombardia dove abbiamo responsabilità amministrative, abbiamo espresso esperienza e capacità di governare lo sviluppo, le sue difficoltà e contraddizioni. Abbiamo assicurato anni di buon governo, qualità dei servizi alle persone, limpidezza degli amministratori.
E’ un’ispirazione politica, la nostra, alternativa alle chiusure culturali del leghismo. Trae alimento dal riformismo popolare, laico e cattolico, che nella nostra Regione si sempre intrecciato con la cultura liberale e democratica, dando vita a una sintesi che ha creato nei decenni una società laboriosa e attenta alla crescita di una comunità unita da solidi valori morali e civili.
La forza dei nostri ideali ci consente di essere i moderni interpreti di un impegno civico, i cui valori fondanti rimangono lo sviluppo e la coesione sociale delle nostre comunità, la solidarietà e l’uguaglianza, la libertà, le pari opportunità e l’apertura verso il nuovo. Questi valori hanno sempre animato i lombardi e hanno così accompagnato la crescita equilibrata della nostra Regione. La vita delle nostre comunità è segnata da questo carattere distintivo. La ricchezza e lo sviluppo generati sono stati il frutto di una grande capacità, tutta lombarda, di avere ogni giorno “la testa nel mondo e i piedi nel borgo”: apertura e cosmopolitismo, unitamente a un grande attaccamento ai luoghi e alla comunità territoriale. Questa è stata, e sarà anche per il futuro, la nostra grande forza.
Il fallimento del modello di governo di Formigoni
Negli ultimi anni, tuttavia, il modello di società lombarda capace di coniugare tradizione e apertura è stato messo fortemente in discussione dal prevalere delle angustie culturali della Lega Nord e dal condizionamento sempre più pesante di gruppi economici e di potere locali, che hanno portato il governo di Formigoni a privilegiare l'amministrazione del consenso, invece di escogitare idee e azioni capaci di ripensare e rivitalizzare l'economia e la società lombarde.
In un tempo dominato dalle paure, sappiamo che chi professa chiusure ed egoismi di ogni genere può fare breccia nelle legittime preoccupazioni dei cittadini, guadagnando facili consensi con il populismo e la demagogia. A conti fatti, però, questa strada non dà risposte vere. L’esperienza di questi anni dimostra che, così facendo, i problemi non vengono risolti, ma semplicemente sfruttati per produrre altro consenso. Così non si guadagna il futuro, si specula soltanto sul presente.
Formigoni ha finito per diventare prigioniero della narrazione leghista. Una narrazione che parla alla pancia, che alimenta le ansie e le preoccupazioni della gente anziché governare le conseguenze dei processi di globalizzazione sui nostri territori, a partire dal fenomeno della immigrazione. In questo senso, non si può pensare di rispondere alle sfide che la Lombardia ha di fronte, senza una lettura attenta dei profondi cambiamenti intervenuti nella società lombarda. A cominciare da quello demografico. Negli ultimi dieci anni, la Regione Lombardia è cresciuta di circa 800.000 abitanti, di cui 650.000 cittadini stranieri, e quelli che hanno più di 65 anni di età sono passati dal 17 al 20 per cento della popolazione totale.
Così come non si può pensare di rilanciare l’economia lombarda, senza un’analisi severa di che cosa non ha funzionato. Negli ultimi anni, la Lombardia ha perso competitività nei confronti delle regioni più avanzate d’Europa e ora rischia di abdicare al ruolo di principale locomotiva dell’economia italiana: dal 1996 a oggi, la Lombardia è cresciuta a tassi inferiori rispetto alla già modesta media nazionale. La crisi attuale, che ha colpito le economie più sviluppate, ha avuto un effetto ancor più pesante sul tessuto produttivo lombardo. La risposta di Formigoni non è stata all'altezza della gravità dei problemi economici e sociali. La Regione Lombardia ha infatti operato prevalentemente sul fronte degli ammortizzatori sociali, utilizzando le risorse del Fondo sociale europeo in un'ottica che ha privilegiato l'ordinaria amministrazione, invece di avviare con coraggio politiche industriali innovative. Ha cercato, al tempo stesso, di accreditare l’idea che il benessere diffuso nei territori lombardi fosse frutto di politiche regionali e non, come è in realtà, di una rendita passata, di una ricchezza e di un benessere che, costruiti con fatica dalla laboriosità dei lombardi, si sta progressivamente consumando.
La forza del modello produttivo che ha fatto e fa della Lombardia una delle aree più sviluppate d’Europa risiede nella struttura integrata della sua economia, caratterizzata da un’articolazione policentrica sia dal punto di vista territoriale che da quello settoriale.
Passando da una struttura notevolmente connotata dal ruolo della grande industria e dal peso del settore industriale e terziario milanese, negli ultimi decenni la nostra Regione è cresciuta in ricchezza e benessere degli abitanti, grazie all’affermazione del sistema della piccola e media impresa. Ciò è successo soprattutto nella fascia pedemontana delle Province orientali e anche in molte aree della bassa pianura, dove si è comunque confermato il ruolo e il peso di un’agricoltura moderna e avanzata.
Oggi parecchi punti di forza di questo modello sono messi profondamente in discussione non solo dalla globalizzazione e dagli effetti della crisi economica, ma anche dalla mancanza di una chiara visione delle strategie delle politiche economico-territoriali per lo sviluppo futuro della Regione:
- i sistemi diffusi della piccola e media imprese della fascia pedemontana stanno risentendo più di altri della crisi economica, che ha messo in risalto le loro debolezze strutturali;
- nell’area milanese alcuni settori di punta come quello delle telecomunicazioni, caratterizzati dalla presenza di grandi gruppi, hanno dovuto fare i conti ridimensionamenti impressionanti (Nokia-Siemens, Italtel, Eutelia);
- nuovi settori su cui sono riposte molte speranze di sviluppo, come quello delle biotecnologie, se non adeguatamente supportati non daranno risultati, perche le imprese sono ancora troppo poche e di piccole dimensioni;
- per quanto riguarda il terziario, l’area milanese ha sempre minori capacità di concentrare funzioni economiche rare e specializzate. La riprova è nel fatto che la piazza milanese conta sempre meno nei circuiti finanziari internazionali e che la presenza di società multinazionali estere si configura quasi esclusivamente come una semplice strategia penetrazione commerciale sull’appetibile mercato lombardo;
- nell’area montana, molti sistemi turistici locali sono entrati in crisi per la mancanza di investimenti di lungo periodo, al contrario di quanto hanno fatto i sistemi turistici di alcune Regioni vicine, che sono diventati molto più attrattivi e competitivi sul mercato europeo;
- l’agricoltura dell’intera Bassa lombarda è in seria sofferenza a causa sia della riduzione della redditività delle attività e del cambiamento della politica comunitaria, sia della crisi di un modello intensivo che comincia a manifestare i suoi limiti “ambientali”;
- in generale tutta la Lombardia, se confrontata con altre aree di eccellenza mondiale, non è stata in grado di alimentare il circuito virtuoso dei rapporti tra ricerca scientifica e sistema produttivo. Così oggi le nostre imprese sono costrette a comperare tecnologia, perché non dispongono di risorse sufficienti per generarla all’interno.
La crisi ha provocato la chiusura di migliaia di aziende, penalizzando in particolare le piccole imprese e gli artigiani, ha lasciato a casa decine di migliaia di lavoratori, mentre a fine 2009 quasi 200.000 erano quelli in cassa integrazione con meno di mille euro al mese . Negli ultimi due anni, la Lombardia ha perso 6 per cento in termini di Pil. Recuperare i livelli di produzione precedente richiederà molto tempo in assenza di un reale cambio di passo.
L'incapacità di governo di Formigoni ha avuto una conferma palese su tre grandi sfide cruciali per lo sviluppo della nostra Regione: Expo 2015, Malpensa, area ex Alfa di Arese. In tutte e tre Formigoni ha fallito clamorosamente!
1. L’Expo 2015 è stato notevolmente ridimensionato nelle sue ambizioni, a causa dei tagli voluti dal Governo di centrodestra. Il trasferimento della realizzazione delle opere infrastrutturali sotto l'egida della Regione, inoltre, non sta producendo i risultati sperati. Sono partite solo le opere finanziate dal precedente Governo Prodi, come la Pedemontana e i primi lotti delle metropolitane milanesi 4 e 5.
Nonostante la tambureggiante campagna di comunicazione, in cui Formigoni dissipa ingentirisorse pubbliche, il ruolo di stimolo e di guida della Regione è debole e non riesce a convincere il mercato a investire sull’Expo. Il progetto, pertanto, non decolla e difficilmente potrà corrispondere alle attese di rilancio economico dei milanesi e dei lombardi.
2. Anche Malpensa ha subito un consistente ridimensionamento. Nel 2009, dallo scalo varesino sono transitati circa 19 milioni di passeggeri, con un calo dell’8,8 per cento rispetto al 2008. E’ un dato lontanissimo dalla media di 24-25 milioni degli anni precedenti il declassamento che ha fatto seguito alla crisi di Alitalia. Oggi a Malpensa la principale compagnia è EasyJet, specializzata in voli low cost, col 27-28 per cento del traffico.
E’ un triste destino per un aeroporto che aveva l'ambizione di competere con quelli di Francoforte o di Parigi. La responsabilità è certo del Governo nazionale, che nulla ha fatto per dare a Malpensa nuove opportunità di rilancio: lettera morta sono infatti rimasti gli impegni di rivedere gli accordi bilaterali sui diritti di volo. Ma forse più grave è la responsabilità di Formigoni, che ha concepito e realizzato il progetto di Malpensa 2000: a distanza di oltre 10 anni dall'inaugurazione, lo scalo è privo di efficaci collegamenti ferroviari e metropolitani. Oggi il Malpensa Express (sic!) impiega 40 minuti per percorrere meno di 40 chilometri e non collega l’aeroporto con la stazione ferroviaria di Milano Centrale.
3. Quanto all’area ex Alfa di Arese, infine, Formigoni aveva promesso di realizzarvi il "Polo della mobilità sostenibile", seminando speranze di reimpiego tra i lavoratori e di nuove opportunità per il territorio. Nonostante lo spiegamento di ingenti risorse (si pensi al progetto dei veicoli a idrogeno) e il millantato arrivo di nuove imprese, su quell'area non è soorto alcun polo produttivo, mentre i lavoratori ex Alfa sono rimasti tutti a casa. Vedranno la luce solo un nuovo centro commerciale e interventi di edilizia residenziale. Tutto questo accompagnato dal silenzio assordante di Formigoni.
Arese è il simbolo delle promesse mancate di sviluppo del settore dell’alta tecnologia e del terziario avanzato, e del complessivo ridimensionamento di politiche industriali innovative. Una Regione come la nostra, che alimenta il 20 per cento del Pil nazionale, che genera il 29 per cento delle esportazione e che accoglie il 40 per cento degli investimenti diretti dall'estero, per continuare a svolgere il suo ruolo storico di traino dell'economia italiana deve, al contrario, confrontarsi con i risultati delle migliori esperienze europee. La vicenda dell’ex Alfa di Arese conferma che così non avviene più da tempo. Infatti gli interventi di sostegno a progetti di "innovazione ricerca e sviluppo" si sono ridotti a meno del 14 per cento di agevolazioni in Lombardia, a fronte del 36 per cento nel Friuli, del 37 per cento nelle Marche, del 47 per cento nell'Emilia Romagna.
Non meno negativa è stata l'opera di governo di Formigoni nei principali settori dell'attività regionale.
Sanità. Si caratterizza soprattutto per la qualità e la professionalità dei suoi operatori. Nonostante le sperequazioni tra pubblico e privato, riesce ancora a garantire prestazioni tra le migliori in Italia e in Europa. Tuttavia, ciò non ha impedito che si verificassero gravi scandali e casi di malasanità, da quello terribile del “Galeazzi” anni fa, a quello recente dell'ospedale Santa Rita, la cui responsabilità ricade anche sull'assenza di controlli dei dirigenti regionali nominati da Formigoni. E' questa solo la punta dell'iceberg di una pratica diffusa di finanziamenti gonfiati alle strutture sanitarie private per interventi eseguiti non per il bene del paziente, ma per far guadagnare il proprietario della clinica.
Le degenerazioni e gli scandali sono strettamente connessi con le nomine dei direttori generali e di molti primari, effettuate all'insegna di una brutale forma di lottizzazione tra i partiti di centrodestra. Una prassi che ha premiato più la fedeltà a un sistema di potere che il merito professionale e scientifico.
I presidi sanitari sul territorio sono stati in gran parte smantellati, rinunciando alla prevenzione. Ciò determina, inoltre, preoccupanti carenze nella continuità della cura una volta che il paziente è stato dimesso dall’ospedale.
Irrisolta è la soluzione del problema delle liste d'attesa per la diagnostica, mentre il pareggio di bilancio della sanità lombarda è stato raggiunto con l'adozione dei ticket farmaceutici più alti d'Italia, con lo scarico sulle famiglie dei ricoverati nelle case di riposo di parte rilevante delle spese sanitarie, e anche con l’aggravio delle addizionali Irpef e Irap, che pesano sulle buste paga dei lavoratori e dei pensionati. Inoltre, il tema della disabilità e quello della salute mentale sono stati lasciati completamente sulle spalle delle famiglie e del volontariato.
Welfare. Il sistema lombardo del welfare non aiuta la famiglia nelle fasi più delicate della propria vita. Gli asili nido sono insufficienti, il livello di copertura del servizio arriva al 13-14 per cento (ben lontano dall’obiettivo di Lisbona del 33 per cento), mentre mancano i fondi promessi per sostenere le sezioni primavera.
Le famiglie con un anziano a carico non autosufficiente non sono sostenute adeguatamente in termini di servizi e di politiche fiscali. L’invecchiamento della popolazione tenderà ad accrescere queste difficoltà nel prossimo futuro.
Lavoro e formazione. Il sistema della formazione non è stato orientato alla creazione di nuove figure professionali nei settori ad alto valore aggiunto. Allo stesso tempo, l’innovazione e la ricerca sono state scarsamente finanziate.
Per quanto riguarda il lavoro dipendente, se si eccettuano gli ammortizzatori sociali peraltro finanziati a livello nazionale ed europeo, l’amministrazione Formigoni non ha in alcun modo alleggerito il carico fiscale di lavoratori e pensionati. Le politiche regionali hanno altresì trascurato il lavoro autonomo e le attività professionali, che manifestano in questo periodo una crescente difficoltà nell’accesso al credito e nei rapporti con il fisco.
Ambiente e territorio. Entrambi sono stati devastati, tanto che la Lombardia è una delle Regioni più inquinate d’Europa, con un territorio brutalizzato da un uso scellerato.
Le disposizioni legislative in materia non hanno messo alcun argine a questa deriva, come nel caso dei centri commerciali, che hanno registrato una crescita senza precedenti in tutta la Regione.
Trasporto pubblico locale. Sconta la mancanza di una seria politica di investimenti, il che ha relegato la Lombardia agli ultimi posti in Europa. Per l’assenza di servizi pubblici, l’88 per cento del fabbisogno è soddisfatto dagli autoveicoli privati.
A sua volta, la vita dei pendolari su rotaia è messa a dura prova tra treni sporchi, carrozze insufficienti e ritardi cronici. La nuova gestione monopolistica delle ferrovie regionali, affidata alla società LeNord-Trenitalia, non ha portato a nessun sensibile miglioramento. Inoltre, non si è ancora realizzata a livello regionale l’integrazione tariffaria necessaria per utilizzare più mezzi pubblici con un unico biglietto.
Politica industriale. E’ emersa con chiarezza l’assenza di una politica industriale che indichi alle imprese quale strategia la Regione intenda perseguire per promuovere lo sviluppo economico del proprio territorio.
Tale assenza ha impedito di dare compiutezza a scelte selettive, come quella di introdurre incentivi fiscali per le imprese che innovano o che investono in settori come la cosiddetta economia verde.
Pubblica amministrazione. È mancata una leale collaborazione con le Province e i Comuni, lasciati in prima linea ad affrontare le difficoltà delle famiglie lombarde colpite dalla crisi.
I Comuni, già penalizzati in maniera rilevante dal blocco delle addizionali, dai mancati trasferimenti statali e dalle regole del Patto di stabilità, si sono visti diminuire i fondi regionali destinati ai servizi sociali e all’integrazione degli affitti a favore di coloro che hanno redditi molto bassi.
Sicurezza. Su questo tema ha prevalso la propaganda, individuando gli immigrati gli unici responsabili della diffusa illegalità in Lombardia. Sul piano della legalità, i partiti del centrodestra hanno sottovalutato l’espansione sul territorio della malavita organizzata: non solo nell’ambito del controllo del mercato della droga e della prostituzione, ma anche nell’ambiente dell’usura, degli appalti pubblici e di quei settori economici in cui camorra, ‘ndrangheta e mafia riciclano i proventi derivanti dalle attività criminali.
Per la sicurezza vera dei cittadini, la Regione ha brillato per assenza di iniziative, in particolare nel contrasto dell’odioso reato della violenza contro le donne. Non esiste ancora una legge regionale, mentre il numero delle vittime è in crescita.
I dieci impegni per la Lombardia del futuro
1. Prima la famiglia: un nuovo welfare a misura di anziani e di bambini
La rete dei servizi sociosanitari va irrobustita. In Lombardia abbiamo ospedali eccellenti, ma spesso fuori dalle loro mura non troviamo servizi adeguati sul territorio. Proponiamo un piano per diffondere la rete territoriale dei servizi a partire dall’assistenza domiciliare e dalla medicina di territorio, sviluppando servizi oggi insufficienti con l’obiettivo di una vera integrazione sociosanitaria.
Anche la rete dei servizi di prevenzione – igiene e sicurezza sul lavoro, alimentazione, veterinaria, sanità pubblica, servizi per le dipendenze – oggi non è potenziata a fronte di una domanda molto elevata e, soprattutto, quando i finanziamenti per tali servizi potrebbero attingere ai fondi delle sanzioni ottenuti, e mai usati dall’amministrazione Formigoni, dal Testo unico approvato dal Governo Prodi nel marzo 2008.
Pensiamo a un welfare universalistico, equo, fondato su un sistema integrato pubblico-privato legato alle regole e agli standard della programmazione regionale. Le politiche basate esclusivamente sui “buoni” non sono in grado di produrre effetti socialmente equi e la “libertà di scelta” di coloro che hanno bisogno spesso è solo apparente, poiché richiede conoscenze e informazioni sulla qualità e sull’appropriatezza delle cure mediche non sempre possedute dai cittadini utenti.
In questo contesto, i Comuni devono tornare ad avere un ruolo da protagonisti nella programmazione degli interventi sociali. Il Fondo sociale regionale, che va rafforzato anche per compensare i tagli al Fondo nazionale per le politiche sociali, è uno strumento fondamentale per aiutare le amministrazioni comunali a mettere in campo servizi di assistenza ai minori in difficoltà e di sostegno alle famiglie con figli disabili. Il Fondo regionale per la non autosufficienza va istituito e garantito negli anni, specie a fronte di un tasso di invecchiamento della popolazione in crescita.
Proponiamo che entro il 2015 la Lombardia arrivi almeno al 30 per cento di copertura dei posti negli asili nido (oggi si è sotto il 15 per cento), come indicano gli obiettivi europei. Intendiamo reperire le risorse per un sostegno regionale ai costi di cura sostenuti dalle famiglie, con particolare attenzione alle spese per le rette degli asili nido e per le badanti degli anziani.
Le cure odontoiatriche sono di fatto escluse dal Servizio sanitario nazionale. Vogliamo che la Regione Lombardia attivi un’assicurazione per ogni cittadino, cominciando dai più piccoli. Con 150 euro pro capite è possibile finanziare una regolare attività di prevenzione dentale, di modo che le persone abbiano la copertura necessaria al momento di affrontare le spese più importanti.
Vogliamo promuovere una “Carta degli innovatori sociali” per un rapporto sempre più stretto e quotidiano con lo straordinario patrimonio diffuso del volontariato sociale lombardo, del non profit e del terzo settore locale.
2. Lavoro: per promuovere opportunità
La crisi economica picchierà ancora duro in Lombardia. Per noi tutelare il lavoro – autonomo e dipendente – è una priorità assoluta. Buona occupazione vuol dire più donne e più giovani nel mercato del lavoro. Sosteniamo la sperimentazione regionale del reddito minimo d’inserimento, adottato in quasi tutti i Paesi europei. Vogliamo rimettere in movimento quelle parti della società che appaiono chiuse nella condizione attuale e riportare al centro della scena quanti rischiano o già vivono l’esclusione sociale e dal lavoro. Sosteniamo l’obiettivo di estendere, anche con incentivi alle imprese, il lavoro a tempo indeterminato. Nel contempo, lavoriamo per un programma-quadro di contrasto del lavoro nero e irregolare, con possibili effetti positivi pure sul sistema previdenziale.
Abbiamo in animo di realizzare una netta inversione delle politiche del lavoro, che negli ultimi anni hanno prodotto quasi esclusivamente precarietà, chiudendo l'orizzonte del futuro a tantissimi giovani. Per promuovere nuove opportunità lavorative è necessario innovare con coraggio le regole del mercato del lavoro, all'insegna di un nuovo equilibrio tra flessibilità e sicurezza del posto. Ci vogliono nuove norme per garantire più stabilità nei rapporti di lavoro. Di fronte all'immobilismo di Formigoni, proponiamo una via lombarda della politica di "flexsecurity", di tutela in un ambito di flessibilità. E' necessario costruire un modello sperimentale, per cui chi perde il posto di lavoro abbia una retribuzione vicina al salario e possa trovare un'altra occupazione entro un anno. Il nuovo modello prevede un accordo tra le parti, risorse aggiuntive delle imprese e investimenti da parte della Regione per la formazione e per la rapida ricollocazione dei lavoratori.
Il sostegno alla partecipazione al lavoro delle donne è un presupposto fondamentale per l’evoluzione civile e democratica del Paese, oltre che uno strumento essenziale per la crescita e la competitività del nostro sistema produttivo. C’è infatti un nesso strettissimo tra parità lavorativa, presenza delle donne nei processi decisionali e nella sfera pubblica e sviluppo dell’economia., della qualità del lavoro e delle relazioni familiari.
Per queste ragioni, indendiamo mettere in cima alla nostra agenda politica il tema del lavoro alle donne. Oggi in Lombardia lavora il 56 per cento delle donne, contro una media del 57 per cento nei Paesi dell’Unione europea. L’obiettivo della Strategia di Lisbona è che, entro il 2010, il 60 per cento delle donne lavori. Le donne lombarde sono più precarie (57 per cento) dei colleghi maschi (43 per cento). Questi dati ci inducono a lavorare per promuovere l’occupazione femminile, che significa anche creare le condizioni per cui le donne possano ambire a posizioni di vertice. Le aziende a guida femminile sono spesso le più competitive, con un livello di produttività superiore alla media e con un’organizzazione del lavoro che garantisce una migliore qualità della vita. L’aumento dell’occupazione femminile è positivamente correlato pure con l’aumento del tasso di natalità, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare: in Italia hanno più figli le donne che lavorano rispetto a quelle che non hanno un’occupazione.
Più estesamente, la crescita dell'occupazione femminile costituisce un volano per lo sviluppo. L'ingresso delle donne sul mercato del lavoro è in grado di determinare almeno due significativi effetti positivi sotto il profilo economico e sociale: il primo è l'aumento del reddito delle famiglie; il secondo è che l'occupazione femminile crea nuovo lavoro. Le famiglie a doppio reddito, infatti, utilizzano molti più servizi di quelle monoreddito.
La politica, a partire da quella regionale, deve dunque dare risposte chiare alle donne. Noi proponiamo un vero e proprio pacchetto di iniziative dedicate alle donne, dai servizi sociali al fisco, per determinare una svolta nelle loro possibilità di accesso al lavoro. Per fare ciò, dobbiamo dar vita a una "coalizione pro-donne" con sindacati, partiti, istituzioni, imprenditori, che sappia imporre nella nostra Regione azioni forti, capaci di raggiungere rapidamente gli obiettivi europei.
La Regione Lombardia ha trascurato in questi anni il variegato mondo dei lavori autonomi. Siamo convinti che tali lavori hanno notevoli potenzialità di sviluppo, ma devono essere sostenuti di fronte alle grandi trasformazioni del contesto produttivo e alle criticità che li riguardano. Gli autonomi vanno protetti dalla grave congiuntura economica che sta colpendo gravemente il loro lavoro e i loro redditi anche nella nostra Regione .
Proponiamo, anzitutto, una normativa promozionale in grado di esaltare le loro potenzialità economiche e sociali, e di sollecitare comportamenti virtuosi: incentivi per una competitività basata sulla qualità e sulla stabilità del lavoro, e non sulla sua intensificazione esagerata; agevolazioni per la formazione continua, per l’innovazione e la sicurezza, per l’uso delle nuove tecnologie e strumentazioni (anche informatiche); diffusione di pratiche che superino le discriminazioni nel lavoro (di genere, di razza ed etnia, di età) e che promuovano le pari opportunità, in particolare tra uomini e donne, fino alla regolarizzazione delle forme di lavoro irregolare.
Proponiamo inoltre di proteggere dalla crisi tutti i lavoratori autonomi – in particolare quelli che hanno un solo committente – con incentivi alla riconversione e al riposizionamento sui mercati e con sostegni monetari nei casi di inattività temporanea o di cessazione di attività. Tali sostegni possono consistere in somme forfettarie una tantum, a fondo perduto o con vincolo di restituzione a certe condizioni. Essi si giustificano come forma di riconoscimento per i contributi che i lavoratori autonomi hanno dato all’economia e alla società dove operano.
3. Scommettere sul sapere
La Lombardia, pur essendo una delle regioni più ricche del Paese, non ha una popolazione particolarmente più istruita che altrove, né dal punto di vista delle quote di popolazione per massimo titolo di studio, né da quello dei livelli di competenze possedute. Il mercato del lavoro lombardo, che ha operato in questo decennio a livelli di piena occupazione, non ha esercitato una pressione per un innalzamento dell’istruzione e delle competenze.
Nell'inasprimento della competizione economica mondiale, un basso livello di istruzione rischia di avere un impatto negativo sulla società lombarda, di ostacolare la formazione di lavoro qualificato e di dare un colpo alla nostra qualità della vita. Per questo ci proponiamo di innalzare il livello di istruzione e di competenze dei cittadini lombardi, ponendo il tema dell’istruzione in cima all’agenda politica del futuro governo regionale e facendo leva sulla lunga storia di impegno e di alta professionalità dei docenti e dei dirigenti scolastici.
Non è andata in questa direzione la politica del centrodestra. Una grossa parte delle risorse pubbliche destinate all'educazione è infatti andata a finanziare l’struzione privata attraverso il sistema dei buoni scuola. Siamo consapevoli che l'istruzione pubblica non è solo quella statale, ma che ad essa contribuiscono pure le scuole paritarie. Riteniamo però che l'attenzione debba essere posta sugli studenti bisognosi di aiuto, indipendentemente dalla scuola frequentata. Proponiamo dunque una politica che si ponga l'obiettivo di ridurre il tasso di abbandono scolastico: una questione decisiva per l'innalzamento delle competenze culturali dei nostri giovani. La Regione Lombardia dovrà quindi prevedere la concessione di borse di studio che favoriscano la frequenza alla scuola secondaria superiore degli studenti meritevoli appartenenti a famiglie svantaggiate.
E' altresì importante che la Regione riprenda con nuovo vigore le politiche di sostegno al diritto allo studio, che consentano ai Comuni di concorrere alla lotta contro la dispersione scolastica e di raggiungere l'obiettivo dell'innalzamento delle competenze culturali dei nostri giovani.
E' inoltre necessario imprimere una svolta alla formazione professionale, che è una competenza esclusiva della Regione ed è una delle voci più rilevante del bilancio dell’istituzione. Occorre innanzitutto avviare una riflessione sui risultati dell’introduzione della dote formativa, al fine di valutarne l’efficacia e di consentire una migliore capacità di programmazione dell’offerta formativa per indirizzarla verso i settori più strategici e necessari al sistema produttivo.
Il sistema educativo di istruzione e formazione professionale deve quindi svilupparsi in maniera armonica e coordinata, sulla base di accordi con il sistema produttivo, con gli enti locali e con le agenzie culturali, riconducendo a un unico sistema di programmazione territoriale sia l’offerta scolastica, sia quella della formazione professionale. L’accordo siglato nel marzo 2009 da Regione e Ministero, che disegna un quadro unitario di istruzione e formazione, può andare in questa direzione,, a condizione che esso sia presentato e sentito come garante di una scuola di alta qualità e non di semplice addestramento. Il numero delle iscrizioni è cresciuto in modo esponenziale e, pertanto, si impone la nostra attenzione affinché la formazione professionale sia qualificata e non più vissuta come un’istruzione di serie B. A questo scopo proponiamo regole certe e più stringenti delle condizioni necessarie all'accreditamento degli enti eroganti, monitorando l'efficacia della formazione ricevuta attraverso l'analisi degli esiti lavorativi degli studenti.
E' infine indispensabile dotare la nostra Regione di un segmento di formazione terziaria non universitaria, come le scuole politecniche presenti nelle altre principali nazioni europee. Una filiera scuola professionale-scuole politecniche può rappresentare un canale di partecipazione scolastica, sociale e culturale per ragazzi che provengono da ambienti socioeconomici svantaggiati. La sua presenza aumenta l'uguaglianza delle opportunità di accesso.
Il sistema universitario lombardo costituisce il più importante sistema regionale di atenei in Italia e uno dei più grandi a livello europeo. Purtroppo, negli ultimi 15 anni la nostra Regione non ha brillato per attenzione verso la rete delle università. Gli investimenti sono stati insufficienti e mal distribuiti, più rispondenti a logiche corporative e particolaristiche che a criteri premianti nei confronti delle aree di eccellenza, o capaci, o in via di sviluppo.
Il centrosinistra intende cambiare registro e mettere in pista politiche attive nella costruzione di residenze studentesche all'avanguardia, nel finanziamento di progetti di edilizia sociale e nella costituzione di agenzie per l’affitto capaci di rendere più trasparente il mercato, facilitando la scelta e l’incontro tra domanda e offerta. A ciò va correlata una politica coraggiosa di sgravi fiscali, in grado di abbattere i costi degli affitti. E' inoltre indispensabile l'adozione di una Carta regionale dei servizi che contempli le convenzioni per i trasporti, il materiale didattico e i servizi culturali per tutti gli studenti lombardi.
Non meno importante è la costituzione di un fondo di garanzia regionale, al fine di erogare prestiti d’onore agli studenti più meritevoli. Bisogna fare di più per lo sviluppo di una rete connettiva più intensa di rapporti fra atenei e realtà imprenditoriali lombarde e per incentivare convenzioni con atenei stranieri, in modo da attrarre studenti e docenti di altri Paesi per favorire l'internazionalizzazione e una maggiore qualità del sistema.
La Lombardia è naturale candidata a essere una Regione leader, non solo in Italia ma in Europa, nel campo della ricerca scientifica. Oltre alle facoltà scientifico-tecnologiche di numerosi poli universitari in Lombardia e a poli del Cnr, si ha la più alta concentrazione di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) in Italia. Inoltre molte piccole, medie e grandi aziende fanno da fulcro a una realtà produttiva. Eppure, l’attuale governo della Regione non sa promuovere questa leadership, né potenziarne le risorse umane e di investimento. Siamo di fronte a cambiamenti epocali della scienza, in particolare della ricerca biomedica. La vita si sta allungando, ma nella nostra Regione la qualità della vita non sta migliorando di pari passo. Possiamo e dobbiamo fare di più. La ricerca è competitività e crescita anche economica. Troppo spesso l’amministrazione Formigoni ignora quanto questo sia un aspetto-chiave per il posizionamento strategico di un Paese e per la sua ripresa. Il legame tra cultura scientifica e politica va rinsaldato, poiché il futuro si basa su un “economia della conoscenza scientifica e tecnologica”.
Queste sono alcune proposte che vorremmo far diventare realtà nella nostra Regione:
- valorizzare e potenziare le risorse umane e tecnologiche degli istituti di ricerca lombardi e delle aziende che operano nella ricerca;
- costruire in Lombardia una rete di collaborazione e integrazione fattiva, che comprenda pubblico e privato;
- favorire la nascita e il decollo di iniziative imprenditoriali nell’ambito degli atenei e degli istituti di ricerca pubblici, che possano incrementare la cultura del trasferimento tecnologico con l’aiuto delle fondazione regionali;
- costruire un percorso virtuoso in cui il merito abbia pubblico rinoscimento, con programmi di borse di studio e premi scientifici;
- affrontare un piano di pari opportunità, che consenta alle donne di lavorare a tempo pieno nella ricerca, senza rinunciare a farsi una famiglia, con programmi di conciliazione all’interno delle strutture di ricerca lombarde;
- realizzare un sistema di “cassa integrazione” regionale, ovvero di sostegno formativo, per ricercatori contrattisti che a causa della crisi non hanno il rinnovo dei contratti di ricerca, creando particolari programmi di aggiornamento retribuito;
- contribuire maggiormente alla collaborazione europea, destinando il programma di un’agenzia regionale alle partecipazioni a vario livello a progetti di ricerca e al 7° programma quadro dell’Unione europea per ricerca e svilppo tecnologico;
- promuovere la costituzione di centri di eccellenza pubblici regionali, affinché i finanziamenti vengano distribuiti in modo sempre più mirato e sempre più a gruppi di ricercatori, anche per ottimizzare la crescita e l’impiego di quelli neolaureati;
- promuovere a livello regionale la creazione di laboratori per lo sviluppo di nuove tecnologie, che siano poi messe a disposizione di altri.
4. Valorizzare le imprese lombarde: più innovazione e più spazio all'economia verde
Il sostegno alle nuove prospettive di crescita dei contesti locali e la valorizzazione delle vocazioni produttive territoriali della Regione è la nostra strategia per il futuro dello sviluppo economico lombardo:
- occorre intervenire rapidamente per rafforzare i sistemi produttivi diffusi della Brianza, dell’intera fascia pedemontana di Como-Lecco-Varese-Bergamo-Brescia e del Mantovano-Cremonese. In queste aree, è necessario che le politiche industriali della Regione intervengano con risorse che coprano per intero i costi dei processi di trasferimento tecnologico, con interventi reali che consentano alle piccole e medie imprese di acquisire quote e commesse sui nuovi mercati internazionali, con il potenziamento delle infrastrutture delle reti tecnologiche e, in particolare, l’eliminazione del gap digitale delle imprese;
- le zone di montagna e dei laghi possono rappresentare i contesti dove sviluppare più opportunamente i settori dell’economia verde e l’ambito in cui i vari settori che producono e utilizzano servizi e prodotti legati alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni possono dare il loro contributo migliore per aumentare l’afflusso turistico;
- nelle aree della bassa pianura, il settore agricolo deve essere messo nelle condizioni di sperimentare nuove modelli di agricoltura, meno intensiva e più legata alla ricerca scientifica, così come in molte aree della Regione vanno potenziate le possibilità dell’agricoltura periurbana legata ai mercati di sbocco cittadini;
- nell’area milanese, il comparto dei servizi avanzati deve tornare a essere il nodo in cui si creano relazioni di lunga distanza e non solo l’elemento di organizzazione dello spazio circostante. In concreto, l’area metropolitana milanese deve tornare a produrre e vendere servizi al resto del Paese e dell’Europa. Nel comparto industriale, occorre invece rimontare la strada declinante di quei settori che hanno fatto la storia tecnologica del Milanese, come le telecomunicazioni e l’industria elettromeccanica, favorendo i processi di aggregazione delle imprese.
Anche in Lombardia possiamo dunque aprire una nuova via per lo sviluppo e la crescita sostenibile. La frontiera dell’economia verde è una realtà già in molte regioni avanzate del mondo: deve esserlo anche per noi. I tempi e i modi del ritorno all'energia nucleare imposti dal Governo rappresenta un clamoroso passo indietro che non vogliamo percorrere, perché ci incatenerebbe a tecnologie ormai arretrate e senza la possibilità di mettere in campo adeguati strumenti di controllo della sicurezza degli impianti e di smaltimento delle scorie.
Sono invece necessarie altre scelte precise. Nei prossimi cinque anni servirà un grande piano d’investimenti per trasformare la Lombardia nella più importante piattaforma produttiva del Paese per quanto riguarda le energie rinnovabili. Efficienza energetica e produzione da fonti rinnovabili saranno i due pilastri della nostra azione quotidiana.
Occorre realizzare presto lo Sportello regionale per le autorizzazioni e un piano d’azione per incentivare, anche fiscalmente, tecnologie come il solare termico, il fotovoltaico, il geotermico e gli impianti di cogenerazione integrati con fonti non fossili. Lavoreremo inoltre a un programma regionale per la ristrutturazione edilizia, allo scopo di realizzare edifici a “emissione zero”. In Lombardia, produrre e consumare energia pulita dovrà diventare facile e quotidiano. Per tutti.
Per rilanciare la nostra economia è anche necessario un nuovo patto fiscale tra istituzioni e cittadini. Proponiamo innanzitutto di riorganizzare l’Irpef regionale in funzione del carico famigliare, come hanno già fatto altre Regioni, per sostenere meglio chi ha più figli e per favorire il lavoro femminile. Per rispondere alla crisi, è necessario lasciare più soldi nelle tasche dei cittadini lombardi, con particolare attenzione ai lavoratori e ai pensionati. Per raggiungere quest'obiettivo, è giunto il tempo di esentare dall'addizionale Irpef regionale i redditi fino a 30.000 euro. Riteniamo poi che vadano rapidamente superati, a livello nazionale, gli studi di settore che hanno incrinato il rapporto di fiducia tra imprese e fisco. A livello regionale, abbiamo intenzione di rimodulare l’Irap per dare fiato alla piccola impresa, che oggi è nell’occhio del ciclone della crisi.
La Lombardia ha un bilancio di esercizio di circa 25 miliardi. Si sono registrati notevoli sprechi, dovuti alle duplicazioni di apparati e alle necessità di finanziamento di un sistema di potere che attinge alle risorse pubbliche per autoalimentarsi e non per rispondere a reali bisogni dei cittadini. I risparmi ottenuti con la lotta senza quartiere agli sprechi e ai finanziamenti a pioggia devono essere impiegati prioritariamente per gli interventi di allegerimento dell’addizionale Irpef e per la riduzione mirata dell’Irap.
Dai mondi produttivi, infine, emerge con chiarezza l’esigenza di un politica industriale lombarda finalizzata a incentivare e sostenere una trasformazione dell’apparato produttivo, orientandolo verso nuove produzioni e promuovendo cambiamenti strutturali adeguati ai mutamenti epocali in corso, come nel caso del sostegno alle fonti energetiche rinnovabili e dell’innovazione delle tecnologie e dei materiali.
Proponiamo l'apertura di un tavolo istituzionale che affronti con tempestività la crisi, al fine di proporre politiche di settore e progetti specifici per la diversificazione e l’innovazione produttiva. In particolare: misure per la semplificazione amministrativa, ad esempio per rendere più facile la partecipazione ai bandi da parte delle piccole imprese; interventi in campo fiscale, come l’alleggerimento mirato dell’Irap. Il tavolo potrebbe anche studiare strumenti e modalità per riservare – in maniera analoga all’esperienza di altri Paesi europei – una quota dei grandi interventi infrastrutturali pubblici alle piccole imprese e agli artigiani del territorio, a partire dalle opere previste per l’Expo 2015.
Occorre lavorare fattivamente lungo tre direttrici: il sostegno alle reti di impresa-laboratori-università (distretti e metadistretti); la formazione professionale e l’accesso al credito per le piccole e medie imprese; il supporto della Regione per l'accesso al mercato delle imprese sociali che vogliono cimentarsi nella produzione di beni e servizi.
L’allentamento delle regole del Patto di stabilità, infine, permetterebbe da una parte di far partire alcune opere pubbliche che possono servire da volano per l’economia locale, dall’altra di accelerare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni ai fornitori, spesso piccole imprese o artigiani che stanno subendo la crisi in maniera pesante. In questo senso, si può prevedere l’intervento di Finlombarda per il pagamento di prestazioni già eseguite a favore di enti Locali, allo scopo di evitare che si diffondano insolvenze a catena pregiudicando attività commerciali, artigianali e professionali valide economicamente e qualitativamente.
5. Cultura: motore di crescita economica e civile
Nella nostra Regione vivono alcune delle più importanti istituzioni culturali del Paese. La ricchezza di esperienze in campo culturale costituisce un potenziale economico e sociale straordinario. Lo sviluppo economico di questi anni non ha però coniugato la modernità con l'innalzamento del tono culturale e civile dalla Lombardia. La giunta regionale, priva di seri progetti, non ha promosso la piena valorizzazione e la crescita dei beni culturali, a partire da una grave sottovalutazione delle tutele nell’ambito del paesaggio contemporaneo.
Il governo di Formigoni ha di fatto accentuato gli aspetti legati al dare priorità agli eventi, alla temporaneità, alle vane ricerche su presunte radici celtiche dei lombardi e ha investito davvero poco nella crescita strutturale della cultura, sempre più vissuta come variabile del tempo libero più che come occasione di sviluppo, nonostante una legislazione regionale che consentirebbe un ruolo più deciso delle istituzioni.
Ciò che è mancato è la volontà di mettere in rete le esperienze, di operare sinergie fra le grandi istituzioni culturali, di livello europeo e internazionale, e il tessuto economico e civile della Regione. Basti pensare alle tante occasioni mancate di relazione tra le eccellenze culturali e il servizio pubblico radiotelevisivo, tra le numerose esperienze territoriali e il sistema della formazione, tra musei, teatro, cinema, musica e sistema della comunicazione.
La cultura è invece volano di crescita economica. E' attività produttiva che può prendere la forma di piccola e media impresa nel campo dello spettacolo e che deve poter trovare, nel rapporto fra risorse pubbliche e private, la strada di un consolidamento sottratto alle incertezze del credito. Solo nel dialogo tra impresa e cultura possono poi avere un futuro interi settori produttivi, come la moda o il design. Per fare questo, occorre però un ruolo di coordinamento e di indirizzo più deciso delle istituzioni locali, a cominciare dalla Regione, e una nuova politica di defiscalizzazioni che aiuti la cultura a misurarsi col mercato.
L’applicazione del titolo quinto della Costituzione rappresenta, con il principio di legislazione concorrente, una strada importante per la realizzazione di un percorso federalista di compartecipazione fra Stato, Regioni ed enti locali, in grado di moltiplicare risorse e progetti e porre rimedio al “buco” della legge sul federalismo fiscale, che esclude la cultura dalle funzioni fondamentali. In particolare proponiamo :
- il rafforzamento del ruolo di valorizzazione e tutela dei beni culturali mediante una rimotivazione del ruolo della Direzione regionale dei beni culturali;
- la creazione di una consulta delle associazioni del privato e del privato sociale impegnate nella tutela del paesaggio contemporaneo;
- la messa in rete del sistema museale lombardo, in rapporto con le competenze comunali e statali, anche per impedire azioni poco trasparenti, come ad esempio la totale separatezza della Direzione nazionale del patrimonio culturale nel progetto “Grande Brera”;
- l'attuazione della legge regionale sullo spettacolo attraverso il finanziamento, autonomo da quello statale, del Fondo unico per lo spettacolo regionale, finalizzato a potenziare e sostenere l’offerta dello spettacolo dal vivo nella stabilità, nelle forme innovative, come le residenze teatrali, nei circuiti della musica lirico-concertistica e dei teatri di tradizione e del jazz, nella rottura dei generi a favore della multidisciplinarietà e del rapporto con i nuovi linguaggi;
- l’apertura di nuove opportunità nella formazione professionale, a partire dalla istituzione di nuovi corsi legati ai mestieri del teatro e dalla stabilizzazione del rapporto tra scuola e spettacolo;
- la definizione di accordi fra soggetti produttivi e strutture del credito per evitare che la produzione e l’innovazione tecnologica si finanzi permanentemente nel debito;
- la definizione di accordi di programma con la Rai e l’emittenza radiotelevisiva privata per compartecipazioni alla produzione di film e spettacoli;
- la progettazione di un canale digitale riservato alla cultura e allo spettacolo, utilizzando la produzione lombarda in chiave nazionale;
- l’attivazione di una commissione film lombarda per sostenere la produzione di opere cinematografiche e di fiction nella nostra Regione.
6. Tutelare il territorio: mobilità verde
Dobbiamo riscoprire il territorio come luogo fondamentale per perseguire il “buon vivere”, salvaguardando e proteggendo i beni comuni. Va predisposto un programma straordinario pluriennale per la messa in sicurezza del territorio, non solo per elevare la qualità della vita in Lombardia, ma anche per superare un preoccupante fattore di deficit di attrattività e di competitività. Ci vuole una svolta nella capacità di programmare in maniera equilibrata l’uso del territorio. Per troppi anni abbiamo assistito a gestioni disomogenee e scoordinate, che hanno prodotto conseguenze molto negative. Abbiamo una altissima densità abitativa e una fitta frammentazione amministrativa, che non ha consentito una corretta pianificazione sovracomunale degli interventi. Va assolutamente ridotto il consumo di suolo, favorendo principalmente il riuso del costruito, per tutelare il verde e non riprodurre aree dense e congestionate.
La Regione ha legiferato parecchio in materia di urbanistica comunale, ma non ha per nulla aiutato il governo dello sviluppo dell’area metropolitana. Lo stato di crisi di quest’area ha effetti quotidiani su 5 milioni di lombardi. Per questo occorre un salto di qualità nel modello amministrativo lombardo, a cominciare dall’istituzione della Città metropolitana di Milano e dall’articolare una reale pianificazione sovracomunale come strumento essenziale per evitare la diffusione incontrollata degli insediamenti sul territorio.
L’acqua è un bene pubblico fondamentale e va sottratto alla speculazione privata. Il diritto dei cittadini a tale bene va garantito e tutelato. La gestione dell’acqua va realizzata con la massima efficienza anche in Lombardia, con la finalità di evitare sprechi e di non gravare di ulteriori costi i cittadini e le imprese . Il territorio montano della nostra Regione non solo va custodito, ma occorre investire su di esso, come purtroppo non si è fatto per anni.
L’agricoltura lombarda, prima in Italia, rimane un settore centrale della nostra economia e può svolgere un ruolo decisivo per il futuro. Oggi, dare nuova centralità all’agricoltura significa occuparsi di cibo, di consumi, di sicurezza alimentare, di ambiente, di territorio, di paesaggio, di salute, di impresa, di mercato. Noi vogliamo sostenere le filiere produttive regionali, tutelare le nostre specialità agroalimentari a partire dalle produzioni tipiche, incentivare un modello di agricoltura multifunzionale e potenziare gli strumenti a sostegno della tutela del territorio agricolo.
E’ inoltre necessario favorire progetti e processi di aggregazione tra i produttori in associazionismo e in cooperazione per sviluppare progetti di filiera e per ridurre i passaggi della distribuzione. E’ altresì importante snellire il fardello della burocrazia, che intreccia le competenze agricole, sanitarie, ambientali. Vogliamo infine favorire un grande patto tra agricoltori e consumatori per la qualità e la sicurezza alimentare, con la vendita diretta in azienda attraverso la filiera corta, il mercato dei contadini o degli agricoltori.
Nella difesa del territorio, ha un ruolo fondamentale il tema della mobilità. Trasporti efficienti e infrastrutture adeguate sono di cruciale importanza per sostenere l'economia e per tutelare l'ambiente. La politica della Regione Lombardia ha privilegiato la mobilità privata rispetto a seri investimenti finalizzati allo sviluppo del trasporto pubblico. Dobbiamo voltare pagina.
Oggi per i pendolari non vi è scelta. La stragrande maggioranza, soprattutto tra Milano e l’hinterland , è obbligata a usare la propria automobile. Nessun altro territorio in Europa ha un tale deficit di servizi di trasporto pubblico. Le scelte per le infrastrutture vanno ribadite, tenendo però conto anche di possibili mutamenti delle priorità e di nuovi stili di vita individuali e collettivi, con l’obiettivo di privilegiare le grandi reti del trasporto su ferro e il trasporto pubblico locale.
Serve dunque una nuova “cura del ferro”, con investimenti rapidi nel sistema ferroviario regionale, a partire dall'acquisto di una nuova flotta di treni che permetta di por termine, finalmente, alle attuali tribolazioni dei pendolari lombardi. Va realizzato il collegamento dell' aeroporto di Malpensa con la stazione Fs di Milano Centrale e con la linea dell'Alta Velocità , opera indispensabile per far uscire dall'isolamento lo scalo varesino e per realizzare il suo rilancio come aeroporto internazionale e intercontinentale.
Il sistema aeroportuale lombardo si è sviluppato negli anni senza un piano coordinato. La coalizione di centrosinistra propone di por termine all’attuale confusione e di dar vita a un modello integrato del traffico aereo che favorisca la specializzazione degli scali lombardi, secondo le peculiarità del nostro territorio e gli interessi dell’economia e dei servizi ai viaggiatori.
L'Expo 2015 deve essere l'occasione per dotare l'area milanese di un sistema di trasporto metropolitano comparabile con quello delle altre grandi città europee. Ribadiamo l'impegno per portare a compimento le linee 4 e 5 della metropolitana di Milano, avviate grazie agli stanziamenti del Governo Prodi. Ma è di vitale importanza anche l'impegno per realizzare il prolungamento della linea 3 fino a Paullo e della linea 2 da Cologno Monzese a Vimercate, opere a oggi non finanziate dal Governo e uscite dall'elenco delle priorità della giunta Formigoni.
Per il trasporto privato riconfermiamo l'impegno per la realizzazione della Pedemontana, della Tangenziale Esterna Milanese e della Bre.be.mi, ma è di stringente attualità regolare la circolazione automobilistica con l'imposizione di più severi limiti di velocità, di controllo delle emissioni di scarico e di sistemi di "road pricing", ovvero di pedaggio per l’uso di strade ad alta gradazione di traffico e di congestione.
Occorre poi avviare subito l’integrazione tariffaria mediante l'adozione di un unico biglietto (Trenitalia-Fnm-Atm e varie autolinee): uno strumento che può innovare la mobilità pubblica dei lombardi. Le scelte monopolistiche nel campo dei trasporti fanno spendere di più i consumatori e non migliorano i servizi. Vogliamo più concorrenza sia per le ferrovie regionali, sia per i servizi auto-filo-metro-tranviari.
Per quanto riguarda la navigazione del laghi lombardi, non è più sostenibile il modello centralistico. E’ decisamente giunto il momento di dare attuazione al trasferimento della navigazione lacuale alla Regione, come previsto nel lontano 1972. Basta parlare di federalismo, ora bisogna attuarlo. La Regione Lombardia deve esigere dal Governo le risorse che le sono state sottratte e il trasferimento delle competenze in merito alla gestione dei servizi lacuali.
Per compiere un vero salto di qualità nella politica dei trasporti, proponiamo infine la costituzione di un'agenzia regionale dei trasporti, indipendente dalla politica, con compiti specifici di regolazione dei servizi e di gestione delle procedure di gara secondo criteri di terzietà e trasparenza.
7. Meno burocrazia: più efficienza e più trasparenza
I cambiamenti del sistema politico nazionale avvenuti negli ultimi anni non hanno consegnato agli italiani una realtà efficiente e pienamente rispondente ai desideri di moralizzazione della politica auspicato da più parti. Ciò ha determinato forme pericolose di disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche e favorito la pericolosa scorciatoia del modello populistico berlusconiano. Per queste ragioni il centrosinistra lombardo ritiene fondamentale affermare con convinzione che la politica staccata o, peggio, opposta all'etica non è la buona politica che serve ai lombardi. E' nostra convinzione operare per introdurre nella Regione forme ampie di partecipazione democratica, che sappiano meglio controllare il lavoro del presidente , della giunta e del consiglio per ridurre gli sprechi, quali sono ad esempio le esorbitanti spese di comunicazione di Formigoni, per evitare di sperperare i soldi dei lombardi in iniziative propagandistiche. Ci impegniamo a non aumentare gli emolumenti di consiglieri e assessori per tutto il mandato, a ridimensionare allo stretto necessario le spese di funzionamento degli organi politici e ridurre del 30 per cento il parco delle “auto blu”.
Vogliamo una pubblica amministrazione regionale sempre più trasparente, rapida e imparziale. Sentiamo il bisogno di aprire una nuova fase democratica attraverso la partecipazione finalizzata alle decisioni. Nella creazione di circuiti e procedure adeguate e riconosciute nella pratica e negli ordinamenti, sta l’innovazione necessaria e la stessa possibilità di modificare il rapporto tra governanti e governati. E così, in nuove forme di dibattito pubblico, possono finalmente avere un ruolo le capacità e le competenze che ciascun cittadino porta come contributo alla condivisione dialettica delle scelte a ogni livello, in un circuito positivo tra informazione, formazione, discussione e decisione.
In tutti i comparti dell’istituzione regionale, la valutazione della performance dell’amministrazione deve essere attribuita a una autorità indipendente regionale, con valutatori indipendenti dalla dirigenza e dal sistema politico. Vogliamo radicare anche in Lombardia la cultura della valutazione e della misurazione dei risultati mediante il confronto tra strutture omogenee, con l’applicazione del metodo del benchmarking (ossia della continua misurazione delle prestazioni rispetto a modelli di riferimento) che comporta l’obbligo, per le amministrazioni che occupano le posizioni peggiori nella graduatoria, di riallinearsi alla media anche mediante il ricorso a incentivi e disincentivi.
Diciamo si all’anagrafe on line degli eletti in Regione, che comporta la raccolta annuale dei dati sui redditi del presidente, degli assessori, dei consiglieri e dei dirigenti regionali, sui loro patrimoni e sulle relative variazioni.
8. Immigrazione: percorsi d'integrazione
La Lombardia è la Regione più multietnica d'Italia. Gli stranieri sono circa 905.000, il 9,3 per cento della popolazione, il 23,3 per cento degli stranieri dell'intero Paese. Il 23 per cento degli imprenditori stranieri vive in Lombardia, mentre nelle nostre scuole ben il 20 per cento degli alunni proviene da famiglie di immigrati.
Gli immigrati sono impiegati ampiamente nel lavoro domestico e in tante imprese manifatturiere e dei servizi. Si tratta di un fenomeno ormai strutturale e duraturo. La nostra economia e la nostra società non possono e non potranno fare a meno del contributo dei lavoratori immigrati. Per queste ragioni è necessario che anche la nostra Regione elabori una sua politica dell'immigrazione, capace di far fronte al fenomeno e di individuare percorsi di integrazione per gli immigrati.
In primo luogo, è indispensabile essere netti nel contrasto dell'immigrazione irregolare. Nonostante le parole roboanti e talvolta a sfondo razzista, Pdl e Lega hanno fallito nell'opera di sconfiggere la piaga dell'immigrazione illegale. Alla voce grossa e all'indurimento delle norme, con la legge che trasforma in reato penale la condizione di irregolarità, non hanno però fatto seguito azioni coerenti.
Il Governo, infatti, ha rallentato la lotta all'evasione, all'economia sommersa e al lavoro nero. E più è ampia l'economia illegale, più cresce la richiesta di lavoratori irregolari.
La normativa per l'assunzione legale di uno straniero (mediante la cosiddetta "chiamata nominativa e numerica" di uno straniero sconosciuto residente all'estero) è farraginosa, in particolare per le famiglie, gli artigiani o i piccoli imprenditori, che spesso optano per l'assunzione in nero di un irregolare, magari entrato regolarmente ma con visto ormai scaduto. Infine, la combinazione della brevità dei permessi di soggiorno, della macchinosità del loro rinnovo e del loro costo accresce la probabilità che un regolare diventi irregolare suo malgrado.
Il nostro primo impegno sarà dunque quello di combattere l'immigrazione irregolare attraverso la repressione severa del lavoro nero e dell'impiego di lavoratori in condizione irregolare, soprattutto nelle imprese. Lo squilibrio tra tolleranza di fatto verso i datori di lavoro e severità verso i lavoratori immigrati rischia di indebolire non solo la posizione di questi ultimi, ma anche l'efficacia complessiva delle strategie di contrasto all'immigrazione irregolare.
Alle chiacchiere vane della Lega dobbiamo rispondere con un cambio netto d'impostazione politica. All'immigrato non va chiesto "cosa sai fare" o "che lavoro ti appresti fare nel nostro Paese", ma "chi sei" e "qual è il tuo programma di vita". Non è solo l'esistenza di un posto di lavoro che deve determinare l'ammissione dell'immigrato, ma anche la qualità del capitale umano, la capacità e la volontà d'inclusione. L'immigrazione non è la protesi di una società anchilosata, che stenta a muoversi, ma un trapianto spesso permanente. La politica regionale deve dunque uniformarsi a un orientamento chiaro: integrazione e diritti per chi lavora, mano dura per chi delinque.
Il permesso a punti, annunciato di recente dal Governo, non sembra la strada migliore per raggiungere gli obiettivi indicati. E’ infatti più un meccanismo punitivo che uno strumento inclusivo. Quelle del Governo sono insomma parole vuote, che non ridurranno il tasso di criminalità immigrata, né faranno fare ai lavoratori immigrati passi in avanti nei percorsi di integrazione. Il sistema a punti può certo essere utile per far entrare un buon numero di immigrati ad alta qualificazione, la maggiore preparazione può dare al lavoratore maggiori probabilità di trovare lavoro e alle imprese maggiori occasioni di crescita con manodopera più qualificata, a condizione che ad esso si affianchino risorse per favorire l’inserimento degli immigrati nella nostra società e nuove norme sulla cittadinanza.
La debolezza del welfare familiare della nostra Regione fa crescere la domanda di lavoro immigrato, ma spesso gli anziani con basse pensioni e bisognosi di assistenza non riescono a reggere il carico economico di un'assistenza regolare. La nostra strategia prevede una parziale fiscalizzazione dei costi e l'introduzione di incentivi all'emersione, con priorità per gli anziani bisognosi di assistenza.
Abbiamo in animo poi di regolare meglio il mercato dell'assistenza domiciliare attraverso cooperative, fondazioni, imprese sociali, eccetera, che garantiscano selezione del personale, formazione specialistica, supervisione del lavoro, monitoraggio delle prestazioni, sostituzioni del personale in caso di ferie, malattia e giorni di riposo. Utile può essere una legge che favorisca l'istituzione di albi comunali delle badanti per una maggior tutela degli anziani e delle loro famiglie.
Infineriteniamo importante l'istituzione di un fondo per l'integrazione degli immigrati per finanziare azioni positive per l'inserimento degli stessi nella società lombarda: corsi di lingua italiana, formazione, sostegno nelle scuole agli alunni stranieri, interventi per la casa.
9. Casa: un diritto per tutti
Poco ha fatto il governo di Formigoni per rispondere ai bisogni abitativi dei cittadini lombardi, soprattutto delle città più popolose e dell'area metropolitana milanese. Del tutto trascurato è stato pure il legittimo desiderio di tanti lavoratori immigrati di avere un alloggio dignitoso. E' dunque tempo di cambiare la politica della casa nella nostra Regione attraverso azioni mirate.
Innanzitutto, occorre istituire un fondo permanente per rilanciare l’edilizia residenziale pubblica, da riattivare con una modalità automatica di alimentazione, finalizzato sia al recupero e alla ricostruzione, nei casi più gravi, del patrimonio esistente, sia alla realizzazione di nuovi quartieri secondo politiche abitative e sociali integrate, così da evitare fin dall’inizio il rischio della costruzione di zone separate o ghetti. Per fare ciò vanno riorganizzate le Aler, attribuendo loro obiettivi non soltanto di gestione e manutenzione, ma anche di sviluppo e di ampliamento del patrimonio, aspetti del tutto trascurati dalla programmazione regionale di questi anni.
E’ necessario rivedere profondamente la ex legge regionale 27/2007 sui canoni di edilizia residenziale pubblica e sulla valorizzazione e razionalizzazione del patrimonio, intervenendo sul calcolo degli affitti e facendo in modo che le risorse non servano a coprire i disavanzi dei bilanci Aler, ma a riqualificare e recuperare il patrimonio pubblico. Inoltre, è indispensabile una riforma complessiva del regolamento regionale sugli accessi per correggere le norme che escludono molti di coloro che hanno bisogno, in violazione delle stesse finalità sociali dell’edilizia residenziale pubblica. Gli accessi vanno ancorati ai redditi ma le assegnazioni, nel massimo della trasparenza, dovranno essere distribuite tra giovani, anziani, single e famiglie in uguale misura, senza privilegi, per assicurare un adeguato mix sociale.
In considerazione dell'aggravarsi della crisi economica, proponiamo di aumentare a 34 milioni il Fondo sostegno affitti. Va parallelamente pensato un piano per case ad affitto sostenibile attraverso programmi di edilizia sociale. Le risorse e gli strumenti legislativi della Regione Lombardia devono porsi l'obiettivo di aumentare in modo considerevole il quantitativo di abitazioni in locazione a canoni inferiori al mercato. E' questa la via per dar vita a un comparto che in Italia praticamente non esiste e che si colloca tra l'offerta di mercato in proprietà e l'offerta pubblica in affitto a canoni bassi e sociali. Bisogna sviluppare interventi in questa direzione sostenuti dalla Regione, dalle fondazioni bancarie e da discipline urbanistiche locali incentivanti. Per centrare l’obiettivo dobbiamo però cambiare radicalmente le attuali leggi regionali, che di fatto ne impediscono il decollo. Le leggi fatte dalla giunta Formigoni, anche se recenti, sono infatti ormai obsolete e devono essere riviste perché nate nella logica della casa pubblica finanziata solo da soldi pubblici. Una formula, questa, che ostacola qualsiasi volontà di partecipazione del privato, compreso quello sociale, in un momento di scarse risorse pubbliche e di un’emergenza abitativa ormai assodata e fuori controllo.
E’indispensabile costruire un mercato dell’affitto calmierato in un rapporto di forte sussidiarità con il privato profit e non profit. Perché questo sia possibile, va rivista tutta la normativa fiscale in materia di affitto, sia per gli inquilini, sia per gli operatori e proprietari. Per agevolare lo sviluppo dell’edilizia abitativa destinata al sociale proponiamo:
- la tassazione separata dei redditi da locazione, sia per le persone fisiche che per le imprese, e l’aliquota ridotta al 20 per cento;
- l’azzeramento totale dell’Ici sull’edilizia sociale;
- un regime Iva speciale al 4 per cento;
- canali di finanziamento agevolato per gli operatori e fondi a sostegno delle famiglie a garanzia del pagamento del canone di locazione;
- definizione di un’unica normativa per l’affitto in edilizia sociale, secondo il principio del “chi più ha più paga”, in grado di regolare tanto il patrimonio pubblico, quanto quello realizzato dagli operatori privati;
- l’intervento della Regione per sostenere i canoni di edilizia sociale per i cittadini con bassi redditi.
10. Divario digitale: obiettivo banda larga per tutti
La rivoluzione digitale ha completamente cambiato la società e l'economia contemporanee. Oggi l'esercizio del principali diritti costituzionali non può prescindere dal diritto di accesso alle reti di comunicazione elettronica. La libertà d’espressione attraverso la rete permette alla nostra democrazia di fare un importante passo in avanti. La rete è un’opportunità di crescita per il singolo individuo, per le famiglie, per l’inclusione sociale, per la creatività artistica e per la cultura. Le moderne tecnologie della comunicazione, inoltre, sono fondamentali per la modernizzazione della pubblica amministrazione e per l'innovazione del sistema delle imprese. In questo campo poco, molto poco è stato fatto dal governo di Formigoni. In Lombardia, quasi il 40 per cento dei Comuni è in situazione di divario digitale, il che significa che a una parte rilevantissima di cittadini e di imprese è negato l'accesso a servizi essenziali.
E' quindi indispensabile includere tra le azioni prioritarie del nuovo governo regionale un serio piano di contrasto al divario digitale, nella convinzione che il diritto all’informazione e quello di accesso alla rete siano da considerare beni pubblici a disposizione dei cittadini. Dobbiamo perciò garantire a tutti la connessione a internet attraverso l'estensione della banda larga a tutta la Regione.
Quello che è stato fatto in Lombardia sino a oggi non è sufficiente. Bisogna predisporre un programma per eliminare il divario digitale di prima e seconda generazione su tutto il territorio (oggi ne soffrono ancora, in particolare, le Province della Bassa lombarda). E’ necessario pianificare la realizzazione della futura rete a banda ultralarga di terza generazione (Ngan) e individuare misure per incentivare l’uso dei servizi a banda larga da parte di cittadini e imprese a partire dall’e-government regionale e dalla informatizzazione delle procedure in campo sanitario, formativo, per il pagamento dei tributi e il rilascio delle autorizzazioni.
Fondamentale sarà incenivare i Comuni e tutte le pubblice amministrazioni a investire sulla rete e a portare on line i propri servizi. Di pari importanza deve essere un programma di alfabetizzazione e di educazione consapevole all’uso del personal computer e di tutti gli strumenti informatici, con l’obiettivo di innalzare il livello di competenze della popolazione lombarda a quello delle aree più sviluppate del mondo.
Con Filippo Penati costruiamo l’alternativa di governo in Lombardia
Con Filippo Penati, amministratore affidabile e politico abituato a fare senza strafare, parte la nostra sfida per dare ai cittadini lombardi un’alternativa credibile di governo, una ALTERNATIVA LOMBARDA.
In Lombardia, la politica deve ritrovare l’ambizione di guidare i processi di cambiamento che stanno modificando profondamente l'economia e la società. La riforma in senso federale dello Stato e il processo di integrazione europea hanno riconosciuto alle Regioni nuovi poteri e maggiori responsabilità. In questo quadro, la Lombardia ha guadagnato in centralità, ma ha perso in termini di protezione. Oggi, infatti, le Province lombarde competono in campo aperto, non più solamente su scala nazionale, ma pure nell’arena europea e internazionale. Si contendono quote di mercato, turisti, risorse e investimenti. Vincerà chi saprà declinare al meglio la propria vocazione e i vantaggi competitivi dei singoli sistemi territoriali. E noi siamo convinti che la creatività e l’innovazione dei nostri talenti e delle nostre imprese sapranno imporsi di nuovo nel mondo.
In questo quadro, ha un ruolo strategico la leadership politica regionale. Deve essere una guida capace di fare sistema, di creare sinergie tra enti pubblici, sistema camerale, istituzioni finanziarie, mondo accademico e ogni altro soggetto attivo sul territorio. Una leadership politica, insomma, in grado di indicare il senso di marcia alle comunità lombarde spaesate di fronte ai profondi cambiamenti intervenuti nella società.
Ma non basta. E' necessaria una forte discontinuità col passato. E’ necessario mobilitare tutto il popolo lombardo per unire gli sforzi nel delineare una strada per costruire un futuro che rinnovi una storia di successi. Per fare ciò, bisogna anche cambiare radicalmente la politica lombarda segnata da degenerazioni e da malaffare su cui si è concentrata l’azione della magistratura. I cittadini chiedono di fare pulizia e di restituire credibilità e prestigio alle istituzioni locali e a chi le rappresenta.
Filippo Penati e la sua coalizione sono all'altezza della sfida.. La nostra alleanza è composta da soggetti politici che si riconoscono nel programma di forte rinnovamento della Regione. Dopo 15 anni ininterrotti di giunte Formigoni, ci vuole un’alternativa di governo in Lombardia. Noi la possiamo realizzare. Abbiamo le carte in regola. Siamo infatti credibili perché figli delle migliori tradizioni riformiste e perché ancorati ai grandi movimenti di popolo che, in questi anni recenti, sono stati espressione di un’Italia che non si rassegna alla decadenza morale e civile della nazione.
La proposta delle nostre candidature rispecchia quest’obiettivo. Ci impegniamo a garantire l’effettiva rappresentanza di ciascun genere nella composizione della giunta e delle liste elettorali. Con una squadra rinnovata, che valorizzi coraggiosamente l’entusiasmo e la freschezza delle nuove generazioni, il talento femminile e l’esperienza dei nostri amministratori locali, saremo in grado di dare alla nostra Regione una nuova guida capace di far vincere ai lombardi la sfida epocale del nuovo secolo.
Filippo Penati e il centrosinistra possono offrire alla Lombardia un progetto alternativo forte, in grado di portare nel futuro gli uomini e le donne di queste terre, di rinnovare e di vincere la competizione con le regioni più avanzate del pianeta.
L’ALTERNATIVA LOMBARDA si fonda su cinque punti essenziali:
- investire sulla qualità della vita dei cittadini e delle famiglie;
- costruire nuove protezioni sociali partendo dai bambini e dagli anziani;
- orientare sempre di più la nostra economia alla sostenibilità;
- sostenere le imprese e il mondo del lavoro oltre la crisi;
- promuovere i talenti giovanili e il protagonismo delle donne.
Questa è la nostra sfida per una Lombardia più forte, più sicura, più aperta.
PROGRAMMA DI COALIZIONE
UN NUOVO GOVERNO PER LA LOMBARDIA
Dalle nostre radici idee forti per il futuro
La Lombardia è una grande regione che ha saputo dare, nei secoli, sviluppo e benessere ai suoi cittadini. E’ stata ed è ancora uno dei grandi motori d’Europa. E’ tuttora il cuore pulsante dell’economia italiana. Rappresenta senza dubbio uno dei territori più forti e avanzati del mondo.
La grande dedizione al lavoro, la cultura d’impresa, il saper fare, il civismo diffuso e il senso della comunità, che hanno spinto centinaia di migliaia di lombardi a dedicarsi al volontariato, al settore non profit, al bene comune, sono caratteristiche fondanti che hanno permesso a questa terra di raggiungere, nel corso della sua storia, importanti risultati di crescita e prosperità.
Eppure oggi l’economia solida e il benessere diffuso sono messi in discussione da un mondo in rapido cambiamento. L’irrompere sulla scena internazionale di nuove grandi economie ha, in poco tempo, mutato il panorama del nostro pianeta scuotendo tradizionali certezze e antichi primati. Se a ciò aggiungiamo la crisi profonda in cui versa l’Italia, in seria difficoltà a confermare il ruolo di grande paese industriale nel nuovo secolo, anche per l’incapacità di governare del centrodestra, è evidente che per la nostra Regione si apre un futuro pieno di incertezze.
La sfida del governo regionale si connota, dunque, come una sfida sulla capacità di dare un futuro ai nostri cittadini e alle nostre imprese. Sfida per la quale Formigoni e la Lega mostrano limiti evidenti. Pensano che sia sufficiente amministrare un passato glorioso. Non hanno colto il carattere epocale della globalizzazione. Non hanno idee per dare ai lombardi la speranza di un futuro all’altezza di quel glorioso passato.
Ecco perché è TEMPO DI CAMBIARE.
La Lombardia ha bisogno di un presidente e di un governo regionale capaci di guidarla a vincere la competizione con gli altri territori sviluppati del mondo. Il provincialismo della Lega e una gestione della cosa pubblica che privilegia amici e corporazioni hanno portato all’esaurimento del modello di governo di Formigoni. E sono inoltre di ostacolo alla ricerca di una via d’uscita rapida dalla crisi economica, che ha picchiato duro anche nella nostra Regione con la cancellazione di migliaia di posti di lavoro e la chiusura di tantissime piccole e medie imprese.
Il centrosinistra con Filippo Penati è l’alternativa che serve alla Lombardia. Il centrosinistra ha idee chiare e proposte forti per vincere la sfida del nostro secolo. E vuole indicare alle imprese e ai cittadini la strada per uscire irrobustiti dalla crisi, e all’economia lombarda il modo per tornare a essere una delle più competitive d’Europa, in grado di creare ricchezza e lavoro qualificato.
Lo possiamo fare perché ci è chiaro che questo è il tempo per restituire alla buona politica e alle istituzioni il grande compito di orientare le scelte per il bene comune. Lo possiamo fare perché abbiamo già affrontato con successo le sfide della modernità: nei Comuni grandi e piccoli, nelle Province della Lombardia dove abbiamo responsabilità amministrative, abbiamo espresso esperienza e capacità di governare lo sviluppo, le sue difficoltà e contraddizioni. Abbiamo assicurato anni di buon governo, qualità dei servizi alle persone, limpidezza degli amministratori.
E’ un’ispirazione politica, la nostra, alternativa alle chiusure culturali del leghismo. Trae alimento dal riformismo popolare, laico e cattolico, che nella nostra Regione si sempre intrecciato con la cultura liberale e democratica, dando vita a una sintesi che ha creato nei decenni una società laboriosa e attenta alla crescita di una comunità unita da solidi valori morali e civili.
La forza dei nostri ideali ci consente di essere i moderni interpreti di un impegno civico, i cui valori fondanti rimangono lo sviluppo e la coesione sociale delle nostre comunità, la solidarietà e l’uguaglianza, la libertà, le pari opportunità e l’apertura verso il nuovo. Questi valori hanno sempre animato i lombardi e hanno così accompagnato la crescita equilibrata della nostra Regione. La vita delle nostre comunità è segnata da questo carattere distintivo. La ricchezza e lo sviluppo generati sono stati il frutto di una grande capacità, tutta lombarda, di avere ogni giorno “la testa nel mondo e i piedi nel borgo”: apertura e cosmopolitismo, unitamente a un grande attaccamento ai luoghi e alla comunità territoriale. Questa è stata, e sarà anche per il futuro, la nostra grande forza.
Il fallimento del modello di governo di Formigoni
Negli ultimi anni, tuttavia, il modello di società lombarda capace di coniugare tradizione e apertura è stato messo fortemente in discussione dal prevalere delle angustie culturali della Lega Nord e dal condizionamento sempre più pesante di gruppi economici e di potere locali, che hanno portato il governo di Formigoni a privilegiare l'amministrazione del consenso, invece di escogitare idee e azioni capaci di ripensare e rivitalizzare l'economia e la società lombarde.
In un tempo dominato dalle paure, sappiamo che chi professa chiusure ed egoismi di ogni genere può fare breccia nelle legittime preoccupazioni dei cittadini, guadagnando facili consensi con il populismo e la demagogia. A conti fatti, però, questa strada non dà risposte vere. L’esperienza di questi anni dimostra che, così facendo, i problemi non vengono risolti, ma semplicemente sfruttati per produrre altro consenso. Così non si guadagna il futuro, si specula soltanto sul presente.
Formigoni ha finito per diventare prigioniero della narrazione leghista. Una narrazione che parla alla pancia, che alimenta le ansie e le preoccupazioni della gente anziché governare le conseguenze dei processi di globalizzazione sui nostri territori, a partire dal fenomeno della immigrazione. In questo senso, non si può pensare di rispondere alle sfide che la Lombardia ha di fronte, senza una lettura attenta dei profondi cambiamenti intervenuti nella società lombarda. A cominciare da quello demografico. Negli ultimi dieci anni, la Regione Lombardia è cresciuta di circa 800.000 abitanti, di cui 650.000 cittadini stranieri, e quelli che hanno più di 65 anni di età sono passati dal 17 al 20 per cento della popolazione totale.
Così come non si può pensare di rilanciare l’economia lombarda, senza un’analisi severa di che cosa non ha funzionato. Negli ultimi anni, la Lombardia ha perso competitività nei confronti delle regioni più avanzate d’Europa e ora rischia di abdicare al ruolo di principale locomotiva dell’economia italiana: dal 1996 a oggi, la Lombardia è cresciuta a tassi inferiori rispetto alla già modesta media nazionale. La crisi attuale, che ha colpito le economie più sviluppate, ha avuto un effetto ancor più pesante sul tessuto produttivo lombardo. La risposta di Formigoni non è stata all'altezza della gravità dei problemi economici e sociali. La Regione Lombardia ha infatti operato prevalentemente sul fronte degli ammortizzatori sociali, utilizzando le risorse del Fondo sociale europeo in un'ottica che ha privilegiato l'ordinaria amministrazione, invece di avviare con coraggio politiche industriali innovative. Ha cercato, al tempo stesso, di accreditare l’idea che il benessere diffuso nei territori lombardi fosse frutto di politiche regionali e non, come è in realtà, di una rendita passata, di una ricchezza e di un benessere che, costruiti con fatica dalla laboriosità dei lombardi, si sta progressivamente consumando.
La forza del modello produttivo che ha fatto e fa della Lombardia una delle aree più sviluppate d’Europa risiede nella struttura integrata della sua economia, caratterizzata da un’articolazione policentrica sia dal punto di vista territoriale che da quello settoriale.
Passando da una struttura notevolmente connotata dal ruolo della grande industria e dal peso del settore industriale e terziario milanese, negli ultimi decenni la nostra Regione è cresciuta in ricchezza e benessere degli abitanti, grazie all’affermazione del sistema della piccola e media impresa. Ciò è successo soprattutto nella fascia pedemontana delle Province orientali e anche in molte aree della bassa pianura, dove si è comunque confermato il ruolo e il peso di un’agricoltura moderna e avanzata.
Oggi parecchi punti di forza di questo modello sono messi profondamente in discussione non solo dalla globalizzazione e dagli effetti della crisi economica, ma anche dalla mancanza di una chiara visione delle strategie delle politiche economico-territoriali per lo sviluppo futuro della Regione:
- i sistemi diffusi della piccola e media imprese della fascia pedemontana stanno risentendo più di altri della crisi economica, che ha messo in risalto le loro debolezze strutturali;
- nell’area milanese alcuni settori di punta come quello delle telecomunicazioni, caratterizzati dalla presenza di grandi gruppi, hanno dovuto fare i conti ridimensionamenti impressionanti (Nokia-Siemens, Italtel, Eutelia);
- nuovi settori su cui sono riposte molte speranze di sviluppo, come quello delle biotecnologie, se non adeguatamente supportati non daranno risultati, perche le imprese sono ancora troppo poche e di piccole dimensioni;
- per quanto riguarda il terziario, l’area milanese ha sempre minori capacità di concentrare funzioni economiche rare e specializzate. La riprova è nel fatto che la piazza milanese conta sempre meno nei circuiti finanziari internazionali e che la presenza di società multinazionali estere si configura quasi esclusivamente come una semplice strategia penetrazione commerciale sull’appetibile mercato lombardo;
- nell’area montana, molti sistemi turistici locali sono entrati in crisi per la mancanza di investimenti di lungo periodo, al contrario di quanto hanno fatto i sistemi turistici di alcune Regioni vicine, che sono diventati molto più attrattivi e competitivi sul mercato europeo;
- l’agricoltura dell’intera Bassa lombarda è in seria sofferenza a causa sia della riduzione della redditività delle attività e del cambiamento della politica comunitaria, sia della crisi di un modello intensivo che comincia a manifestare i suoi limiti “ambientali”;
- in generale tutta la Lombardia, se confrontata con altre aree di eccellenza mondiale, non è stata in grado di alimentare il circuito virtuoso dei rapporti tra ricerca scientifica e sistema produttivo. Così oggi le nostre imprese sono costrette a comperare tecnologia, perché non dispongono di risorse sufficienti per generarla all’interno.
La crisi ha provocato la chiusura di migliaia di aziende, penalizzando in particolare le piccole imprese e gli artigiani, ha lasciato a casa decine di migliaia di lavoratori, mentre a fine 2009 quasi 200.000 erano quelli in cassa integrazione con meno di mille euro al mese . Negli ultimi due anni, la Lombardia ha perso 6 per cento in termini di Pil. Recuperare i livelli di produzione precedente richiederà molto tempo in assenza di un reale cambio di passo.
L'incapacità di governo di Formigoni ha avuto una conferma palese su tre grandi sfide cruciali per lo sviluppo della nostra Regione: Expo 2015, Malpensa, area ex Alfa di Arese. In tutte e tre Formigoni ha fallito clamorosamente!
1. L’Expo 2015 è stato notevolmente ridimensionato nelle sue ambizioni, a causa dei tagli voluti dal Governo di centrodestra. Il trasferimento della realizzazione delle opere infrastrutturali sotto l'egida della Regione, inoltre, non sta producendo i risultati sperati. Sono partite solo le opere finanziate dal precedente Governo Prodi, come la Pedemontana e i primi lotti delle metropolitane milanesi 4 e 5.
Nonostante la tambureggiante campagna di comunicazione, in cui Formigoni dissipa ingentirisorse pubbliche, il ruolo di stimolo e di guida della Regione è debole e non riesce a convincere il mercato a investire sull’Expo. Il progetto, pertanto, non decolla e difficilmente potrà corrispondere alle attese di rilancio economico dei milanesi e dei lombardi.
2. Anche Malpensa ha subito un consistente ridimensionamento. Nel 2009, dallo scalo varesino sono transitati circa 19 milioni di passeggeri, con un calo dell’8,8 per cento rispetto al 2008. E’ un dato lontanissimo dalla media di 24-25 milioni degli anni precedenti il declassamento che ha fatto seguito alla crisi di Alitalia. Oggi a Malpensa la principale compagnia è EasyJet, specializzata in voli low cost, col 27-28 per cento del traffico.
E’ un triste destino per un aeroporto che aveva l'ambizione di competere con quelli di Francoforte o di Parigi. La responsabilità è certo del Governo nazionale, che nulla ha fatto per dare a Malpensa nuove opportunità di rilancio: lettera morta sono infatti rimasti gli impegni di rivedere gli accordi bilaterali sui diritti di volo. Ma forse più grave è la responsabilità di Formigoni, che ha concepito e realizzato il progetto di Malpensa 2000: a distanza di oltre 10 anni dall'inaugurazione, lo scalo è privo di efficaci collegamenti ferroviari e metropolitani. Oggi il Malpensa Express (sic!) impiega 40 minuti per percorrere meno di 40 chilometri e non collega l’aeroporto con la stazione ferroviaria di Milano Centrale.
3. Quanto all’area ex Alfa di Arese, infine, Formigoni aveva promesso di realizzarvi il "Polo della mobilità sostenibile", seminando speranze di reimpiego tra i lavoratori e di nuove opportunità per il territorio. Nonostante lo spiegamento di ingenti risorse (si pensi al progetto dei veicoli a idrogeno) e il millantato arrivo di nuove imprese, su quell'area non è soorto alcun polo produttivo, mentre i lavoratori ex Alfa sono rimasti tutti a casa. Vedranno la luce solo un nuovo centro commerciale e interventi di edilizia residenziale. Tutto questo accompagnato dal silenzio assordante di Formigoni.
Arese è il simbolo delle promesse mancate di sviluppo del settore dell’alta tecnologia e del terziario avanzato, e del complessivo ridimensionamento di politiche industriali innovative. Una Regione come la nostra, che alimenta il 20 per cento del Pil nazionale, che genera il 29 per cento delle esportazione e che accoglie il 40 per cento degli investimenti diretti dall'estero, per continuare a svolgere il suo ruolo storico di traino dell'economia italiana deve, al contrario, confrontarsi con i risultati delle migliori esperienze europee. La vicenda dell’ex Alfa di Arese conferma che così non avviene più da tempo. Infatti gli interventi di sostegno a progetti di "innovazione ricerca e sviluppo" si sono ridotti a meno del 14 per cento di agevolazioni in Lombardia, a fronte del 36 per cento nel Friuli, del 37 per cento nelle Marche, del 47 per cento nell'Emilia Romagna.
Non meno negativa è stata l'opera di governo di Formigoni nei principali settori dell'attività regionale.
Sanità. Si caratterizza soprattutto per la qualità e la professionalità dei suoi operatori. Nonostante le sperequazioni tra pubblico e privato, riesce ancora a garantire prestazioni tra le migliori in Italia e in Europa. Tuttavia, ciò non ha impedito che si verificassero gravi scandali e casi di malasanità, da quello terribile del “Galeazzi” anni fa, a quello recente dell'ospedale Santa Rita, la cui responsabilità ricade anche sull'assenza di controlli dei dirigenti regionali nominati da Formigoni. E' questa solo la punta dell'iceberg di una pratica diffusa di finanziamenti gonfiati alle strutture sanitarie private per interventi eseguiti non per il bene del paziente, ma per far guadagnare il proprietario della clinica.
Le degenerazioni e gli scandali sono strettamente connessi con le nomine dei direttori generali e di molti primari, effettuate all'insegna di una brutale forma di lottizzazione tra i partiti di centrodestra. Una prassi che ha premiato più la fedeltà a un sistema di potere che il merito professionale e scientifico.
I presidi sanitari sul territorio sono stati in gran parte smantellati, rinunciando alla prevenzione. Ciò determina, inoltre, preoccupanti carenze nella continuità della cura una volta che il paziente è stato dimesso dall’ospedale.
Irrisolta è la soluzione del problema delle liste d'attesa per la diagnostica, mentre il pareggio di bilancio della sanità lombarda è stato raggiunto con l'adozione dei ticket farmaceutici più alti d'Italia, con lo scarico sulle famiglie dei ricoverati nelle case di riposo di parte rilevante delle spese sanitarie, e anche con l’aggravio delle addizionali Irpef e Irap, che pesano sulle buste paga dei lavoratori e dei pensionati. Inoltre, il tema della disabilità e quello della salute mentale sono stati lasciati completamente sulle spalle delle famiglie e del volontariato.
Welfare. Il sistema lombardo del welfare non aiuta la famiglia nelle fasi più delicate della propria vita. Gli asili nido sono insufficienti, il livello di copertura del servizio arriva al 13-14 per cento (ben lontano dall’obiettivo di Lisbona del 33 per cento), mentre mancano i fondi promessi per sostenere le sezioni primavera.
Le famiglie con un anziano a carico non autosufficiente non sono sostenute adeguatamente in termini di servizi e di politiche fiscali. L’invecchiamento della popolazione tenderà ad accrescere queste difficoltà nel prossimo futuro.
Lavoro e formazione. Il sistema della formazione non è stato orientato alla creazione di nuove figure professionali nei settori ad alto valore aggiunto. Allo stesso tempo, l’innovazione e la ricerca sono state scarsamente finanziate.
Per quanto riguarda il lavoro dipendente, se si eccettuano gli ammortizzatori sociali peraltro finanziati a livello nazionale ed europeo, l’amministrazione Formigoni non ha in alcun modo alleggerito il carico fiscale di lavoratori e pensionati. Le politiche regionali hanno altresì trascurato il lavoro autonomo e le attività professionali, che manifestano in questo periodo una crescente difficoltà nell’accesso al credito e nei rapporti con il fisco.
Ambiente e territorio. Entrambi sono stati devastati, tanto che la Lombardia è una delle Regioni più inquinate d’Europa, con un territorio brutalizzato da un uso scellerato.
Le disposizioni legislative in materia non hanno messo alcun argine a questa deriva, come nel caso dei centri commerciali, che hanno registrato una crescita senza precedenti in tutta la Regione.
Trasporto pubblico locale. Sconta la mancanza di una seria politica di investimenti, il che ha relegato la Lombardia agli ultimi posti in Europa. Per l’assenza di servizi pubblici, l’88 per cento del fabbisogno è soddisfatto dagli autoveicoli privati.
A sua volta, la vita dei pendolari su rotaia è messa a dura prova tra treni sporchi, carrozze insufficienti e ritardi cronici. La nuova gestione monopolistica delle ferrovie regionali, affidata alla società LeNord-Trenitalia, non ha portato a nessun sensibile miglioramento. Inoltre, non si è ancora realizzata a livello regionale l’integrazione tariffaria necessaria per utilizzare più mezzi pubblici con un unico biglietto.
Politica industriale. E’ emersa con chiarezza l’assenza di una politica industriale che indichi alle imprese quale strategia la Regione intenda perseguire per promuovere lo sviluppo economico del proprio territorio.
Tale assenza ha impedito di dare compiutezza a scelte selettive, come quella di introdurre incentivi fiscali per le imprese che innovano o che investono in settori come la cosiddetta economia verde.
Pubblica amministrazione. È mancata una leale collaborazione con le Province e i Comuni, lasciati in prima linea ad affrontare le difficoltà delle famiglie lombarde colpite dalla crisi.
I Comuni, già penalizzati in maniera rilevante dal blocco delle addizionali, dai mancati trasferimenti statali e dalle regole del Patto di stabilità, si sono visti diminuire i fondi regionali destinati ai servizi sociali e all’integrazione degli affitti a favore di coloro che hanno redditi molto bassi.
Sicurezza. Su questo tema ha prevalso la propaganda, individuando gli immigrati gli unici responsabili della diffusa illegalità in Lombardia. Sul piano della legalità, i partiti del centrodestra hanno sottovalutato l’espansione sul territorio della malavita organizzata: non solo nell’ambito del controllo del mercato della droga e della prostituzione, ma anche nell’ambiente dell’usura, degli appalti pubblici e di quei settori economici in cui camorra, ‘ndrangheta e mafia riciclano i proventi derivanti dalle attività criminali.
Per la sicurezza vera dei cittadini, la Regione ha brillato per assenza di iniziative, in particolare nel contrasto dell’odioso reato della violenza contro le donne. Non esiste ancora una legge regionale, mentre il numero delle vittime è in crescita.
I dieci impegni per la Lombardia del futuro
1. Prima la famiglia: un nuovo welfare a misura di anziani e di bambini
La rete dei servizi sociosanitari va irrobustita. In Lombardia abbiamo ospedali eccellenti, ma spesso fuori dalle loro mura non troviamo servizi adeguati sul territorio. Proponiamo un piano per diffondere la rete territoriale dei servizi a partire dall’assistenza domiciliare e dalla medicina di territorio, sviluppando servizi oggi insufficienti con l’obiettivo di una vera integrazione sociosanitaria.
Anche la rete dei servizi di prevenzione – igiene e sicurezza sul lavoro, alimentazione, veterinaria, sanità pubblica, servizi per le dipendenze – oggi non è potenziata a fronte di una domanda molto elevata e, soprattutto, quando i finanziamenti per tali servizi potrebbero attingere ai fondi delle sanzioni ottenuti, e mai usati dall’amministrazione Formigoni, dal Testo unico approvato dal Governo Prodi nel marzo 2008.
Pensiamo a un welfare universalistico, equo, fondato su un sistema integrato pubblico-privato legato alle regole e agli standard della programmazione regionale. Le politiche basate esclusivamente sui “buoni” non sono in grado di produrre effetti socialmente equi e la “libertà di scelta” di coloro che hanno bisogno spesso è solo apparente, poiché richiede conoscenze e informazioni sulla qualità e sull’appropriatezza delle cure mediche non sempre possedute dai cittadini utenti.
In questo contesto, i Comuni devono tornare ad avere un ruolo da protagonisti nella programmazione degli interventi sociali. Il Fondo sociale regionale, che va rafforzato anche per compensare i tagli al Fondo nazionale per le politiche sociali, è uno strumento fondamentale per aiutare le amministrazioni comunali a mettere in campo servizi di assistenza ai minori in difficoltà e di sostegno alle famiglie con figli disabili. Il Fondo regionale per la non autosufficienza va istituito e garantito negli anni, specie a fronte di un tasso di invecchiamento della popolazione in crescita.
Proponiamo che entro il 2015 la Lombardia arrivi almeno al 30 per cento di copertura dei posti negli asili nido (oggi si è sotto il 15 per cento), come indicano gli obiettivi europei. Intendiamo reperire le risorse per un sostegno regionale ai costi di cura sostenuti dalle famiglie, con particolare attenzione alle spese per le rette degli asili nido e per le badanti degli anziani.
Le cure odontoiatriche sono di fatto escluse dal Servizio sanitario nazionale. Vogliamo che la Regione Lombardia attivi un’assicurazione per ogni cittadino, cominciando dai più piccoli. Con 150 euro pro capite è possibile finanziare una regolare attività di prevenzione dentale, di modo che le persone abbiano la copertura necessaria al momento di affrontare le spese più importanti.
Vogliamo promuovere una “Carta degli innovatori sociali” per un rapporto sempre più stretto e quotidiano con lo straordinario patrimonio diffuso del volontariato sociale lombardo, del non profit e del terzo settore locale.
2. Lavoro: per promuovere opportunità
La crisi economica picchierà ancora duro in Lombardia. Per noi tutelare il lavoro – autonomo e dipendente – è una priorità assoluta. Buona occupazione vuol dire più donne e più giovani nel mercato del lavoro. Sosteniamo la sperimentazione regionale del reddito minimo d’inserimento, adottato in quasi tutti i Paesi europei. Vogliamo rimettere in movimento quelle parti della società che appaiono chiuse nella condizione attuale e riportare al centro della scena quanti rischiano o già vivono l’esclusione sociale e dal lavoro. Sosteniamo l’obiettivo di estendere, anche con incentivi alle imprese, il lavoro a tempo indeterminato. Nel contempo, lavoriamo per un programma-quadro di contrasto del lavoro nero e irregolare, con possibili effetti positivi pure sul sistema previdenziale.
Abbiamo in animo di realizzare una netta inversione delle politiche del lavoro, che negli ultimi anni hanno prodotto quasi esclusivamente precarietà, chiudendo l'orizzonte del futuro a tantissimi giovani. Per promuovere nuove opportunità lavorative è necessario innovare con coraggio le regole del mercato del lavoro, all'insegna di un nuovo equilibrio tra flessibilità e sicurezza del posto. Ci vogliono nuove norme per garantire più stabilità nei rapporti di lavoro. Di fronte all'immobilismo di Formigoni, proponiamo una via lombarda della politica di "flexsecurity", di tutela in un ambito di flessibilità. E' necessario costruire un modello sperimentale, per cui chi perde il posto di lavoro abbia una retribuzione vicina al salario e possa trovare un'altra occupazione entro un anno. Il nuovo modello prevede un accordo tra le parti, risorse aggiuntive delle imprese e investimenti da parte della Regione per la formazione e per la rapida ricollocazione dei lavoratori.
Il sostegno alla partecipazione al lavoro delle donne è un presupposto fondamentale per l’evoluzione civile e democratica del Paese, oltre che uno strumento essenziale per la crescita e la competitività del nostro sistema produttivo. C’è infatti un nesso strettissimo tra parità lavorativa, presenza delle donne nei processi decisionali e nella sfera pubblica e sviluppo dell’economia., della qualità del lavoro e delle relazioni familiari.
Per queste ragioni, indendiamo mettere in cima alla nostra agenda politica il tema del lavoro alle donne. Oggi in Lombardia lavora il 56 per cento delle donne, contro una media del 57 per cento nei Paesi dell’Unione europea. L’obiettivo della Strategia di Lisbona è che, entro il 2010, il 60 per cento delle donne lavori. Le donne lombarde sono più precarie (57 per cento) dei colleghi maschi (43 per cento). Questi dati ci inducono a lavorare per promuovere l’occupazione femminile, che significa anche creare le condizioni per cui le donne possano ambire a posizioni di vertice. Le aziende a guida femminile sono spesso le più competitive, con un livello di produttività superiore alla media e con un’organizzazione del lavoro che garantisce una migliore qualità della vita. L’aumento dell’occupazione femminile è positivamente correlato pure con l’aumento del tasso di natalità, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare: in Italia hanno più figli le donne che lavorano rispetto a quelle che non hanno un’occupazione.
Più estesamente, la crescita dell'occupazione femminile costituisce un volano per lo sviluppo. L'ingresso delle donne sul mercato del lavoro è in grado di determinare almeno due significativi effetti positivi sotto il profilo economico e sociale: il primo è l'aumento del reddito delle famiglie; il secondo è che l'occupazione femminile crea nuovo lavoro. Le famiglie a doppio reddito, infatti, utilizzano molti più servizi di quelle monoreddito.
La politica, a partire da quella regionale, deve dunque dare risposte chiare alle donne. Noi proponiamo un vero e proprio pacchetto di iniziative dedicate alle donne, dai servizi sociali al fisco, per determinare una svolta nelle loro possibilità di accesso al lavoro. Per fare ciò, dobbiamo dar vita a una "coalizione pro-donne" con sindacati, partiti, istituzioni, imprenditori, che sappia imporre nella nostra Regione azioni forti, capaci di raggiungere rapidamente gli obiettivi europei.
La Regione Lombardia ha trascurato in questi anni il variegato mondo dei lavori autonomi. Siamo convinti che tali lavori hanno notevoli potenzialità di sviluppo, ma devono essere sostenuti di fronte alle grandi trasformazioni del contesto produttivo e alle criticità che li riguardano. Gli autonomi vanno protetti dalla grave congiuntura economica che sta colpendo gravemente il loro lavoro e i loro redditi anche nella nostra Regione .
Proponiamo, anzitutto, una normativa promozionale in grado di esaltare le loro potenzialità economiche e sociali, e di sollecitare comportamenti virtuosi: incentivi per una competitività basata sulla qualità e sulla stabilità del lavoro, e non sulla sua intensificazione esagerata; agevolazioni per la formazione continua, per l’innovazione e la sicurezza, per l’uso delle nuove tecnologie e strumentazioni (anche informatiche); diffusione di pratiche che superino le discriminazioni nel lavoro (di genere, di razza ed etnia, di età) e che promuovano le pari opportunità, in particolare tra uomini e donne, fino alla regolarizzazione delle forme di lavoro irregolare.
Proponiamo inoltre di proteggere dalla crisi tutti i lavoratori autonomi – in particolare quelli che hanno un solo committente – con incentivi alla riconversione e al riposizionamento sui mercati e con sostegni monetari nei casi di inattività temporanea o di cessazione di attività. Tali sostegni possono consistere in somme forfettarie una tantum, a fondo perduto o con vincolo di restituzione a certe condizioni. Essi si giustificano come forma di riconoscimento per i contributi che i lavoratori autonomi hanno dato all’economia e alla società dove operano.
3. Scommettere sul sapere
La Lombardia, pur essendo una delle regioni più ricche del Paese, non ha una popolazione particolarmente più istruita che altrove, né dal punto di vista delle quote di popolazione per massimo titolo di studio, né da quello dei livelli di competenze possedute. Il mercato del lavoro lombardo, che ha operato in questo decennio a livelli di piena occupazione, non ha esercitato una pressione per un innalzamento dell’istruzione e delle competenze.
Nell'inasprimento della competizione economica mondiale, un basso livello di istruzione rischia di avere un impatto negativo sulla società lombarda, di ostacolare la formazione di lavoro qualificato e di dare un colpo alla nostra qualità della vita. Per questo ci proponiamo di innalzare il livello di istruzione e di competenze dei cittadini lombardi, ponendo il tema dell’istruzione in cima all’agenda politica del futuro governo regionale e facendo leva sulla lunga storia di impegno e di alta professionalità dei docenti e dei dirigenti scolastici.
Non è andata in questa direzione la politica del centrodestra. Una grossa parte delle risorse pubbliche destinate all'educazione è infatti andata a finanziare l’struzione privata attraverso il sistema dei buoni scuola. Siamo consapevoli che l'istruzione pubblica non è solo quella statale, ma che ad essa contribuiscono pure le scuole paritarie. Riteniamo però che l'attenzione debba essere posta sugli studenti bisognosi di aiuto, indipendentemente dalla scuola frequentata. Proponiamo dunque una politica che si ponga l'obiettivo di ridurre il tasso di abbandono scolastico: una questione decisiva per l'innalzamento delle competenze culturali dei nostri giovani. La Regione Lombardia dovrà quindi prevedere la concessione di borse di studio che favoriscano la frequenza alla scuola secondaria superiore degli studenti meritevoli appartenenti a famiglie svantaggiate.
E' altresì importante che la Regione riprenda con nuovo vigore le politiche di sostegno al diritto allo studio, che consentano ai Comuni di concorrere alla lotta contro la dispersione scolastica e di raggiungere l'obiettivo dell'innalzamento delle competenze culturali dei nostri giovani.
E' inoltre necessario imprimere una svolta alla formazione professionale, che è una competenza esclusiva della Regione ed è una delle voci più rilevante del bilancio dell’istituzione. Occorre innanzitutto avviare una riflessione sui risultati dell’introduzione della dote formativa, al fine di valutarne l’efficacia e di consentire una migliore capacità di programmazione dell’offerta formativa per indirizzarla verso i settori più strategici e necessari al sistema produttivo.
Il sistema educativo di istruzione e formazione professionale deve quindi svilupparsi in maniera armonica e coordinata, sulla base di accordi con il sistema produttivo, con gli enti locali e con le agenzie culturali, riconducendo a un unico sistema di programmazione territoriale sia l’offerta scolastica, sia quella della formazione professionale. L’accordo siglato nel marzo 2009 da Regione e Ministero, che disegna un quadro unitario di istruzione e formazione, può andare in questa direzione,, a condizione che esso sia presentato e sentito come garante di una scuola di alta qualità e non di semplice addestramento. Il numero delle iscrizioni è cresciuto in modo esponenziale e, pertanto, si impone la nostra attenzione affinché la formazione professionale sia qualificata e non più vissuta come un’istruzione di serie B. A questo scopo proponiamo regole certe e più stringenti delle condizioni necessarie all'accreditamento degli enti eroganti, monitorando l'efficacia della formazione ricevuta attraverso l'analisi degli esiti lavorativi degli studenti.
E' infine indispensabile dotare la nostra Regione di un segmento di formazione terziaria non universitaria, come le scuole politecniche presenti nelle altre principali nazioni europee. Una filiera scuola professionale-scuole politecniche può rappresentare un canale di partecipazione scolastica, sociale e culturale per ragazzi che provengono da ambienti socioeconomici svantaggiati. La sua presenza aumenta l'uguaglianza delle opportunità di accesso.
Il sistema universitario lombardo costituisce il più importante sistema regionale di atenei in Italia e uno dei più grandi a livello europeo. Purtroppo, negli ultimi 15 anni la nostra Regione non ha brillato per attenzione verso la rete delle università. Gli investimenti sono stati insufficienti e mal distribuiti, più rispondenti a logiche corporative e particolaristiche che a criteri premianti nei confronti delle aree di eccellenza, o capaci, o in via di sviluppo.
Il centrosinistra intende cambiare registro e mettere in pista politiche attive nella costruzione di residenze studentesche all'avanguardia, nel finanziamento di progetti di edilizia sociale e nella costituzione di agenzie per l’affitto capaci di rendere più trasparente il mercato, facilitando la scelta e l’incontro tra domanda e offerta. A ciò va correlata una politica coraggiosa di sgravi fiscali, in grado di abbattere i costi degli affitti. E' inoltre indispensabile l'adozione di una Carta regionale dei servizi che contempli le convenzioni per i trasporti, il materiale didattico e i servizi culturali per tutti gli studenti lombardi.
Non meno importante è la costituzione di un fondo di garanzia regionale, al fine di erogare prestiti d’onore agli studenti più meritevoli. Bisogna fare di più per lo sviluppo di una rete connettiva più intensa di rapporti fra atenei e realtà imprenditoriali lombarde e per incentivare convenzioni con atenei stranieri, in modo da attrarre studenti e docenti di altri Paesi per favorire l'internazionalizzazione e una maggiore qualità del sistema.
La Lombardia è naturale candidata a essere una Regione leader, non solo in Italia ma in Europa, nel campo della ricerca scientifica. Oltre alle facoltà scientifico-tecnologiche di numerosi poli universitari in Lombardia e a poli del Cnr, si ha la più alta concentrazione di Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) in Italia. Inoltre molte piccole, medie e grandi aziende fanno da fulcro a una realtà produttiva. Eppure, l’attuale governo della Regione non sa promuovere questa leadership, né potenziarne le risorse umane e di investimento. Siamo di fronte a cambiamenti epocali della scienza, in particolare della ricerca biomedica. La vita si sta allungando, ma nella nostra Regione la qualità della vita non sta migliorando di pari passo. Possiamo e dobbiamo fare di più. La ricerca è competitività e crescita anche economica. Troppo spesso l’amministrazione Formigoni ignora quanto questo sia un aspetto-chiave per il posizionamento strategico di un Paese e per la sua ripresa. Il legame tra cultura scientifica e politica va rinsaldato, poiché il futuro si basa su un “economia della conoscenza scientifica e tecnologica”.
Queste sono alcune proposte che vorremmo far diventare realtà nella nostra Regione:
- valorizzare e potenziare le risorse umane e tecnologiche degli istituti di ricerca lombardi e delle aziende che operano nella ricerca;
- costruire in Lombardia una rete di collaborazione e integrazione fattiva, che comprenda pubblico e privato;
- favorire la nascita e il decollo di iniziative imprenditoriali nell’ambito degli atenei e degli istituti di ricerca pubblici, che possano incrementare la cultura del trasferimento tecnologico con l’aiuto delle fondazione regionali;
- costruire un percorso virtuoso in cui il merito abbia pubblico rinoscimento, con programmi di borse di studio e premi scientifici;
- affrontare un piano di pari opportunità, che consenta alle donne di lavorare a tempo pieno nella ricerca, senza rinunciare a farsi una famiglia, con programmi di conciliazione all’interno delle strutture di ricerca lombarde;
- realizzare un sistema di “cassa integrazione” regionale, ovvero di sostegno formativo, per ricercatori contrattisti che a causa della crisi non hanno il rinnovo dei contratti di ricerca, creando particolari programmi di aggiornamento retribuito;
- contribuire maggiormente alla collaborazione europea, destinando il programma di un’agenzia regionale alle partecipazioni a vario livello a progetti di ricerca e al 7° programma quadro dell’Unione europea per ricerca e svilppo tecnologico;
- promuovere la costituzione di centri di eccellenza pubblici regionali, affinché i finanziamenti vengano distribuiti in modo sempre più mirato e sempre più a gruppi di ricercatori, anche per ottimizzare la crescita e l’impiego di quelli neolaureati;
- promuovere a livello regionale la creazione di laboratori per lo sviluppo di nuove tecnologie, che siano poi messe a disposizione di altri.
4. Valorizzare le imprese lombarde: più innovazione e più spazio all'economia verde
Il sostegno alle nuove prospettive di crescita dei contesti locali e la valorizzazione delle vocazioni produttive territoriali della Regione è la nostra strategia per il futuro dello sviluppo economico lombardo:
- occorre intervenire rapidamente per rafforzare i sistemi produttivi diffusi della Brianza, dell’intera fascia pedemontana di Como-Lecco-Varese-Bergamo-Brescia e del Mantovano-Cremonese. In queste aree, è necessario che le politiche industriali della Regione intervengano con risorse che coprano per intero i costi dei processi di trasferimento tecnologico, con interventi reali che consentano alle piccole e medie imprese di acquisire quote e commesse sui nuovi mercati internazionali, con il potenziamento delle infrastrutture delle reti tecnologiche e, in particolare, l’eliminazione del gap digitale delle imprese;
- le zone di montagna e dei laghi possono rappresentare i contesti dove sviluppare più opportunamente i settori dell’economia verde e l’ambito in cui i vari settori che producono e utilizzano servizi e prodotti legati alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni possono dare il loro contributo migliore per aumentare l’afflusso turistico;
- nelle aree della bassa pianura, il settore agricolo deve essere messo nelle condizioni di sperimentare nuove modelli di agricoltura, meno intensiva e più legata alla ricerca scientifica, così come in molte aree della Regione vanno potenziate le possibilità dell’agricoltura periurbana legata ai mercati di sbocco cittadini;
- nell’area milanese, il comparto dei servizi avanzati deve tornare a essere il nodo in cui si creano relazioni di lunga distanza e non solo l’elemento di organizzazione dello spazio circostante. In concreto, l’area metropolitana milanese deve tornare a produrre e vendere servizi al resto del Paese e dell’Europa. Nel comparto industriale, occorre invece rimontare la strada declinante di quei settori che hanno fatto la storia tecnologica del Milanese, come le telecomunicazioni e l’industria elettromeccanica, favorendo i processi di aggregazione delle imprese.
Anche in Lombardia possiamo dunque aprire una nuova via per lo sviluppo e la crescita sostenibile. La frontiera dell’economia verde è una realtà già in molte regioni avanzate del mondo: deve esserlo anche per noi. I tempi e i modi del ritorno all'energia nucleare imposti dal Governo rappresenta un clamoroso passo indietro che non vogliamo percorrere, perché ci incatenerebbe a tecnologie ormai arretrate e senza la possibilità di mettere in campo adeguati strumenti di controllo della sicurezza degli impianti e di smaltimento delle scorie.
Sono invece necessarie altre scelte precise. Nei prossimi cinque anni servirà un grande piano d’investimenti per trasformare la Lombardia nella più importante piattaforma produttiva del Paese per quanto riguarda le energie rinnovabili. Efficienza energetica e produzione da fonti rinnovabili saranno i due pilastri della nostra azione quotidiana.
Occorre realizzare presto lo Sportello regionale per le autorizzazioni e un piano d’azione per incentivare, anche fiscalmente, tecnologie come il solare termico, il fotovoltaico, il geotermico e gli impianti di cogenerazione integrati con fonti non fossili. Lavoreremo inoltre a un programma regionale per la ristrutturazione edilizia, allo scopo di realizzare edifici a “emissione zero”. In Lombardia, produrre e consumare energia pulita dovrà diventare facile e quotidiano. Per tutti.
Per rilanciare la nostra economia è anche necessario un nuovo patto fiscale tra istituzioni e cittadini. Proponiamo innanzitutto di riorganizzare l’Irpef regionale in funzione del carico famigliare, come hanno già fatto altre Regioni, per sostenere meglio chi ha più figli e per favorire il lavoro femminile. Per rispondere alla crisi, è necessario lasciare più soldi nelle tasche dei cittadini lombardi, con particolare attenzione ai lavoratori e ai pensionati. Per raggiungere quest'obiettivo, è giunto il tempo di esentare dall'addizionale Irpef regionale i redditi fino a 30.000 euro. Riteniamo poi che vadano rapidamente superati, a livello nazionale, gli studi di settore che hanno incrinato il rapporto di fiducia tra imprese e fisco. A livello regionale, abbiamo intenzione di rimodulare l’Irap per dare fiato alla piccola impresa, che oggi è nell’occhio del ciclone della crisi.
La Lombardia ha un bilancio di esercizio di circa 25 miliardi. Si sono registrati notevoli sprechi, dovuti alle duplicazioni di apparati e alle necessità di finanziamento di un sistema di potere che attinge alle risorse pubbliche per autoalimentarsi e non per rispondere a reali bisogni dei cittadini. I risparmi ottenuti con la lotta senza quartiere agli sprechi e ai finanziamenti a pioggia devono essere impiegati prioritariamente per gli interventi di allegerimento dell’addizionale Irpef e per la riduzione mirata dell’Irap.
Dai mondi produttivi, infine, emerge con chiarezza l’esigenza di un politica industriale lombarda finalizzata a incentivare e sostenere una trasformazione dell’apparato produttivo, orientandolo verso nuove produzioni e promuovendo cambiamenti strutturali adeguati ai mutamenti epocali in corso, come nel caso del sostegno alle fonti energetiche rinnovabili e dell’innovazione delle tecnologie e dei materiali.
Proponiamo l'apertura di un tavolo istituzionale che affronti con tempestività la crisi, al fine di proporre politiche di settore e progetti specifici per la diversificazione e l’innovazione produttiva. In particolare: misure per la semplificazione amministrativa, ad esempio per rendere più facile la partecipazione ai bandi da parte delle piccole imprese; interventi in campo fiscale, come l’alleggerimento mirato dell’Irap. Il tavolo potrebbe anche studiare strumenti e modalità per riservare – in maniera analoga all’esperienza di altri Paesi europei – una quota dei grandi interventi infrastrutturali pubblici alle piccole imprese e agli artigiani del territorio, a partire dalle opere previste per l’Expo 2015.
Occorre lavorare fattivamente lungo tre direttrici: il sostegno alle reti di impresa-laboratori-università (distretti e metadistretti); la formazione professionale e l’accesso al credito per le piccole e medie imprese; il supporto della Regione per l'accesso al mercato delle imprese sociali che vogliono cimentarsi nella produzione di beni e servizi.
L’allentamento delle regole del Patto di stabilità, infine, permetterebbe da una parte di far partire alcune opere pubbliche che possono servire da volano per l’economia locale, dall’altra di accelerare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni ai fornitori, spesso piccole imprese o artigiani che stanno subendo la crisi in maniera pesante. In questo senso, si può prevedere l’intervento di Finlombarda per il pagamento di prestazioni già eseguite a favore di enti Locali, allo scopo di evitare che si diffondano insolvenze a catena pregiudicando attività commerciali, artigianali e professionali valide economicamente e qualitativamente.
5. Cultura: motore di crescita economica e civile
Nella nostra Regione vivono alcune delle più importanti istituzioni culturali del Paese. La ricchezza di esperienze in campo culturale costituisce un potenziale economico e sociale straordinario. Lo sviluppo economico di questi anni non ha però coniugato la modernità con l'innalzamento del tono culturale e civile dalla Lombardia. La giunta regionale, priva di seri progetti, non ha promosso la piena valorizzazione e la crescita dei beni culturali, a partire da una grave sottovalutazione delle tutele nell’ambito del paesaggio contemporaneo.
Il governo di Formigoni ha di fatto accentuato gli aspetti legati al dare priorità agli eventi, alla temporaneità, alle vane ricerche su presunte radici celtiche dei lombardi e ha investito davvero poco nella crescita strutturale della cultura, sempre più vissuta come variabile del tempo libero più che come occasione di sviluppo, nonostante una legislazione regionale che consentirebbe un ruolo più deciso delle istituzioni.
Ciò che è mancato è la volontà di mettere in rete le esperienze, di operare sinergie fra le grandi istituzioni culturali, di livello europeo e internazionale, e il tessuto economico e civile della Regione. Basti pensare alle tante occasioni mancate di relazione tra le eccellenze culturali e il servizio pubblico radiotelevisivo, tra le numerose esperienze territoriali e il sistema della formazione, tra musei, teatro, cinema, musica e sistema della comunicazione.
La cultura è invece volano di crescita economica. E' attività produttiva che può prendere la forma di piccola e media impresa nel campo dello spettacolo e che deve poter trovare, nel rapporto fra risorse pubbliche e private, la strada di un consolidamento sottratto alle incertezze del credito. Solo nel dialogo tra impresa e cultura possono poi avere un futuro interi settori produttivi, come la moda o il design. Per fare questo, occorre però un ruolo di coordinamento e di indirizzo più deciso delle istituzioni locali, a cominciare dalla Regione, e una nuova politica di defiscalizzazioni che aiuti la cultura a misurarsi col mercato.
L’applicazione del titolo quinto della Costituzione rappresenta, con il principio di legislazione concorrente, una strada importante per la realizzazione di un percorso federalista di compartecipazione fra Stato, Regioni ed enti locali, in grado di moltiplicare risorse e progetti e porre rimedio al “buco” della legge sul federalismo fiscale, che esclude la cultura dalle funzioni fondamentali. In particolare proponiamo :
- il rafforzamento del ruolo di valorizzazione e tutela dei beni culturali mediante una rimotivazione del ruolo della Direzione regionale dei beni culturali;
- la creazione di una consulta delle associazioni del privato e del privato sociale impegnate nella tutela del paesaggio contemporaneo;
- la messa in rete del sistema museale lombardo, in rapporto con le competenze comunali e statali, anche per impedire azioni poco trasparenti, come ad esempio la totale separatezza della Direzione nazionale del patrimonio culturale nel progetto “Grande Brera”;
- l'attuazione della legge regionale sullo spettacolo attraverso il finanziamento, autonomo da quello statale, del Fondo unico per lo spettacolo regionale, finalizzato a potenziare e sostenere l’offerta dello spettacolo dal vivo nella stabilità, nelle forme innovative, come le residenze teatrali, nei circuiti della musica lirico-concertistica e dei teatri di tradizione e del jazz, nella rottura dei generi a favore della multidisciplinarietà e del rapporto con i nuovi linguaggi;
- l’apertura di nuove opportunità nella formazione professionale, a partire dalla istituzione di nuovi corsi legati ai mestieri del teatro e dalla stabilizzazione del rapporto tra scuola e spettacolo;
- la definizione di accordi fra soggetti produttivi e strutture del credito per evitare che la produzione e l’innovazione tecnologica si finanzi permanentemente nel debito;
- la definizione di accordi di programma con la Rai e l’emittenza radiotelevisiva privata per compartecipazioni alla produzione di film e spettacoli;
- la progettazione di un canale digitale riservato alla cultura e allo spettacolo, utilizzando la produzione lombarda in chiave nazionale;
- l’attivazione di una commissione film lombarda per sostenere la produzione di opere cinematografiche e di fiction nella nostra Regione.
6. Tutelare il territorio: mobilità verde
Dobbiamo riscoprire il territorio come luogo fondamentale per perseguire il “buon vivere”, salvaguardando e proteggendo i beni comuni. Va predisposto un programma straordinario pluriennale per la messa in sicurezza del territorio, non solo per elevare la qualità della vita in Lombardia, ma anche per superare un preoccupante fattore di deficit di attrattività e di competitività. Ci vuole una svolta nella capacità di programmare in maniera equilibrata l’uso del territorio. Per troppi anni abbiamo assistito a gestioni disomogenee e scoordinate, che hanno prodotto conseguenze molto negative. Abbiamo una altissima densità abitativa e una fitta frammentazione amministrativa, che non ha consentito una corretta pianificazione sovracomunale degli interventi. Va assolutamente ridotto il consumo di suolo, favorendo principalmente il riuso del costruito, per tutelare il verde e non riprodurre aree dense e congestionate.
La Regione ha legiferato parecchio in materia di urbanistica comunale, ma non ha per nulla aiutato il governo dello sviluppo dell’area metropolitana. Lo stato di crisi di quest’area ha effetti quotidiani su 5 milioni di lombardi. Per questo occorre un salto di qualità nel modello amministrativo lombardo, a cominciare dall’istituzione della Città metropolitana di Milano e dall’articolare una reale pianificazione sovracomunale come strumento essenziale per evitare la diffusione incontrollata degli insediamenti sul territorio.
L’acqua è un bene pubblico fondamentale e va sottratto alla speculazione privata. Il diritto dei cittadini a tale bene va garantito e tutelato. La gestione dell’acqua va realizzata con la massima efficienza anche in Lombardia, con la finalità di evitare sprechi e di non gravare di ulteriori costi i cittadini e le imprese . Il territorio montano della nostra Regione non solo va custodito, ma occorre investire su di esso, come purtroppo non si è fatto per anni.
L’agricoltura lombarda, prima in Italia, rimane un settore centrale della nostra economia e può svolgere un ruolo decisivo per il futuro. Oggi, dare nuova centralità all’agricoltura significa occuparsi di cibo, di consumi, di sicurezza alimentare, di ambiente, di territorio, di paesaggio, di salute, di impresa, di mercato. Noi vogliamo sostenere le filiere produttive regionali, tutelare le nostre specialità agroalimentari a partire dalle produzioni tipiche, incentivare un modello di agricoltura multifunzionale e potenziare gli strumenti a sostegno della tutela del territorio agricolo.
E’ inoltre necessario favorire progetti e processi di aggregazione tra i produttori in associazionismo e in cooperazione per sviluppare progetti di filiera e per ridurre i passaggi della distribuzione. E’ altresì importante snellire il fardello della burocrazia, che intreccia le competenze agricole, sanitarie, ambientali. Vogliamo infine favorire un grande patto tra agricoltori e consumatori per la qualità e la sicurezza alimentare, con la vendita diretta in azienda attraverso la filiera corta, il mercato dei contadini o degli agricoltori.
Nella difesa del territorio, ha un ruolo fondamentale il tema della mobilità. Trasporti efficienti e infrastrutture adeguate sono di cruciale importanza per sostenere l'economia e per tutelare l'ambiente. La politica della Regione Lombardia ha privilegiato la mobilità privata rispetto a seri investimenti finalizzati allo sviluppo del trasporto pubblico. Dobbiamo voltare pagina.
Oggi per i pendolari non vi è scelta. La stragrande maggioranza, soprattutto tra Milano e l’hinterland , è obbligata a usare la propria automobile. Nessun altro territorio in Europa ha un tale deficit di servizi di trasporto pubblico. Le scelte per le infrastrutture vanno ribadite, tenendo però conto anche di possibili mutamenti delle priorità e di nuovi stili di vita individuali e collettivi, con l’obiettivo di privilegiare le grandi reti del trasporto su ferro e il trasporto pubblico locale.
Serve dunque una nuova “cura del ferro”, con investimenti rapidi nel sistema ferroviario regionale, a partire dall'acquisto di una nuova flotta di treni che permetta di por termine, finalmente, alle attuali tribolazioni dei pendolari lombardi. Va realizzato il collegamento dell' aeroporto di Malpensa con la stazione Fs di Milano Centrale e con la linea dell'Alta Velocità , opera indispensabile per far uscire dall'isolamento lo scalo varesino e per realizzare il suo rilancio come aeroporto internazionale e intercontinentale.
Il sistema aeroportuale lombardo si è sviluppato negli anni senza un piano coordinato. La coalizione di centrosinistra propone di por termine all’attuale confusione e di dar vita a un modello integrato del traffico aereo che favorisca la specializzazione degli scali lombardi, secondo le peculiarità del nostro territorio e gli interessi dell’economia e dei servizi ai viaggiatori.
L'Expo 2015 deve essere l'occasione per dotare l'area milanese di un sistema di trasporto metropolitano comparabile con quello delle altre grandi città europee. Ribadiamo l'impegno per portare a compimento le linee 4 e 5 della metropolitana di Milano, avviate grazie agli stanziamenti del Governo Prodi. Ma è di vitale importanza anche l'impegno per realizzare il prolungamento della linea 3 fino a Paullo e della linea 2 da Cologno Monzese a Vimercate, opere a oggi non finanziate dal Governo e uscite dall'elenco delle priorità della giunta Formigoni.
Per il trasporto privato riconfermiamo l'impegno per la realizzazione della Pedemontana, della Tangenziale Esterna Milanese e della Bre.be.mi, ma è di stringente attualità regolare la circolazione automobilistica con l'imposizione di più severi limiti di velocità, di controllo delle emissioni di scarico e di sistemi di "road pricing", ovvero di pedaggio per l’uso di strade ad alta gradazione di traffico e di congestione.
Occorre poi avviare subito l’integrazione tariffaria mediante l'adozione di un unico biglietto (Trenitalia-Fnm-Atm e varie autolinee): uno strumento che può innovare la mobilità pubblica dei lombardi. Le scelte monopolistiche nel campo dei trasporti fanno spendere di più i consumatori e non migliorano i servizi. Vogliamo più concorrenza sia per le ferrovie regionali, sia per i servizi auto-filo-metro-tranviari.
Per quanto riguarda la navigazione del laghi lombardi, non è più sostenibile il modello centralistico. E’ decisamente giunto il momento di dare attuazione al trasferimento della navigazione lacuale alla Regione, come previsto nel lontano 1972. Basta parlare di federalismo, ora bisogna attuarlo. La Regione Lombardia deve esigere dal Governo le risorse che le sono state sottratte e il trasferimento delle competenze in merito alla gestione dei servizi lacuali.
Per compiere un vero salto di qualità nella politica dei trasporti, proponiamo infine la costituzione di un'agenzia regionale dei trasporti, indipendente dalla politica, con compiti specifici di regolazione dei servizi e di gestione delle procedure di gara secondo criteri di terzietà e trasparenza.
7. Meno burocrazia: più efficienza e più trasparenza
I cambiamenti del sistema politico nazionale avvenuti negli ultimi anni non hanno consegnato agli italiani una realtà efficiente e pienamente rispondente ai desideri di moralizzazione della politica auspicato da più parti. Ciò ha determinato forme pericolose di disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche e favorito la pericolosa scorciatoia del modello populistico berlusconiano. Per queste ragioni il centrosinistra lombardo ritiene fondamentale affermare con convinzione che la politica staccata o, peggio, opposta all'etica non è la buona politica che serve ai lombardi. E' nostra convinzione operare per introdurre nella Regione forme ampie di partecipazione democratica, che sappiano meglio controllare il lavoro del presidente , della giunta e del consiglio per ridurre gli sprechi, quali sono ad esempio le esorbitanti spese di comunicazione di Formigoni, per evitare di sperperare i soldi dei lombardi in iniziative propagandistiche. Ci impegniamo a non aumentare gli emolumenti di consiglieri e assessori per tutto il mandato, a ridimensionare allo stretto necessario le spese di funzionamento degli organi politici e ridurre del 30 per cento il parco delle “auto blu”.
Vogliamo una pubblica amministrazione regionale sempre più trasparente, rapida e imparziale. Sentiamo il bisogno di aprire una nuova fase democratica attraverso la partecipazione finalizzata alle decisioni. Nella creazione di circuiti e procedure adeguate e riconosciute nella pratica e negli ordinamenti, sta l’innovazione necessaria e la stessa possibilità di modificare il rapporto tra governanti e governati. E così, in nuove forme di dibattito pubblico, possono finalmente avere un ruolo le capacità e le competenze che ciascun cittadino porta come contributo alla condivisione dialettica delle scelte a ogni livello, in un circuito positivo tra informazione, formazione, discussione e decisione.
In tutti i comparti dell’istituzione regionale, la valutazione della performance dell’amministrazione deve essere attribuita a una autorità indipendente regionale, con valutatori indipendenti dalla dirigenza e dal sistema politico. Vogliamo radicare anche in Lombardia la cultura della valutazione e della misurazione dei risultati mediante il confronto tra strutture omogenee, con l’applicazione del metodo del benchmarking (ossia della continua misurazione delle prestazioni rispetto a modelli di riferimento) che comporta l’obbligo, per le amministrazioni che occupano le posizioni peggiori nella graduatoria, di riallinearsi alla media anche mediante il ricorso a incentivi e disincentivi.
Diciamo si all’anagrafe on line degli eletti in Regione, che comporta la raccolta annuale dei dati sui redditi del presidente, degli assessori, dei consiglieri e dei dirigenti regionali, sui loro patrimoni e sulle relative variazioni.
8. Immigrazione: percorsi d'integrazione
La Lombardia è la Regione più multietnica d'Italia. Gli stranieri sono circa 905.000, il 9,3 per cento della popolazione, il 23,3 per cento degli stranieri dell'intero Paese. Il 23 per cento degli imprenditori stranieri vive in Lombardia, mentre nelle nostre scuole ben il 20 per cento degli alunni proviene da famiglie di immigrati.
Gli immigrati sono impiegati ampiamente nel lavoro domestico e in tante imprese manifatturiere e dei servizi. Si tratta di un fenomeno ormai strutturale e duraturo. La nostra economia e la nostra società non possono e non potranno fare a meno del contributo dei lavoratori immigrati. Per queste ragioni è necessario che anche la nostra Regione elabori una sua politica dell'immigrazione, capace di far fronte al fenomeno e di individuare percorsi di integrazione per gli immigrati.
In primo luogo, è indispensabile essere netti nel contrasto dell'immigrazione irregolare. Nonostante le parole roboanti e talvolta a sfondo razzista, Pdl e Lega hanno fallito nell'opera di sconfiggere la piaga dell'immigrazione illegale. Alla voce grossa e all'indurimento delle norme, con la legge che trasforma in reato penale la condizione di irregolarità, non hanno però fatto seguito azioni coerenti.
Il Governo, infatti, ha rallentato la lotta all'evasione, all'economia sommersa e al lavoro nero. E più è ampia l'economia illegale, più cresce la richiesta di lavoratori irregolari.
La normativa per l'assunzione legale di uno straniero (mediante la cosiddetta "chiamata nominativa e numerica" di uno straniero sconosciuto residente all'estero) è farraginosa, in particolare per le famiglie, gli artigiani o i piccoli imprenditori, che spesso optano per l'assunzione in nero di un irregolare, magari entrato regolarmente ma con visto ormai scaduto. Infine, la combinazione della brevità dei permessi di soggiorno, della macchinosità del loro rinnovo e del loro costo accresce la probabilità che un regolare diventi irregolare suo malgrado.
Il nostro primo impegno sarà dunque quello di combattere l'immigrazione irregolare attraverso la repressione severa del lavoro nero e dell'impiego di lavoratori in condizione irregolare, soprattutto nelle imprese. Lo squilibrio tra tolleranza di fatto verso i datori di lavoro e severità verso i lavoratori immigrati rischia di indebolire non solo la posizione di questi ultimi, ma anche l'efficacia complessiva delle strategie di contrasto all'immigrazione irregolare.
Alle chiacchiere vane della Lega dobbiamo rispondere con un cambio netto d'impostazione politica. All'immigrato non va chiesto "cosa sai fare" o "che lavoro ti appresti fare nel nostro Paese", ma "chi sei" e "qual è il tuo programma di vita". Non è solo l'esistenza di un posto di lavoro che deve determinare l'ammissione dell'immigrato, ma anche la qualità del capitale umano, la capacità e la volontà d'inclusione. L'immigrazione non è la protesi di una società anchilosata, che stenta a muoversi, ma un trapianto spesso permanente. La politica regionale deve dunque uniformarsi a un orientamento chiaro: integrazione e diritti per chi lavora, mano dura per chi delinque.
Il permesso a punti, annunciato di recente dal Governo, non sembra la strada migliore per raggiungere gli obiettivi indicati. E’ infatti più un meccanismo punitivo che uno strumento inclusivo. Quelle del Governo sono insomma parole vuote, che non ridurranno il tasso di criminalità immigrata, né faranno fare ai lavoratori immigrati passi in avanti nei percorsi di integrazione. Il sistema a punti può certo essere utile per far entrare un buon numero di immigrati ad alta qualificazione, la maggiore preparazione può dare al lavoratore maggiori probabilità di trovare lavoro e alle imprese maggiori occasioni di crescita con manodopera più qualificata, a condizione che ad esso si affianchino risorse per favorire l’inserimento degli immigrati nella nostra società e nuove norme sulla cittadinanza.
La debolezza del welfare familiare della nostra Regione fa crescere la domanda di lavoro immigrato, ma spesso gli anziani con basse pensioni e bisognosi di assistenza non riescono a reggere il carico economico di un'assistenza regolare. La nostra strategia prevede una parziale fiscalizzazione dei costi e l'introduzione di incentivi all'emersione, con priorità per gli anziani bisognosi di assistenza.
Abbiamo in animo poi di regolare meglio il mercato dell'assistenza domiciliare attraverso cooperative, fondazioni, imprese sociali, eccetera, che garantiscano selezione del personale, formazione specialistica, supervisione del lavoro, monitoraggio delle prestazioni, sostituzioni del personale in caso di ferie, malattia e giorni di riposo. Utile può essere una legge che favorisca l'istituzione di albi comunali delle badanti per una maggior tutela degli anziani e delle loro famiglie.
Infineriteniamo importante l'istituzione di un fondo per l'integrazione degli immigrati per finanziare azioni positive per l'inserimento degli stessi nella società lombarda: corsi di lingua italiana, formazione, sostegno nelle scuole agli alunni stranieri, interventi per la casa.
9. Casa: un diritto per tutti
Poco ha fatto il governo di Formigoni per rispondere ai bisogni abitativi dei cittadini lombardi, soprattutto delle città più popolose e dell'area metropolitana milanese. Del tutto trascurato è stato pure il legittimo desiderio di tanti lavoratori immigrati di avere un alloggio dignitoso. E' dunque tempo di cambiare la politica della casa nella nostra Regione attraverso azioni mirate.
Innanzitutto, occorre istituire un fondo permanente per rilanciare l’edilizia residenziale pubblica, da riattivare con una modalità automatica di alimentazione, finalizzato sia al recupero e alla ricostruzione, nei casi più gravi, del patrimonio esistente, sia alla realizzazione di nuovi quartieri secondo politiche abitative e sociali integrate, così da evitare fin dall’inizio il rischio della costruzione di zone separate o ghetti. Per fare ciò vanno riorganizzate le Aler, attribuendo loro obiettivi non soltanto di gestione e manutenzione, ma anche di sviluppo e di ampliamento del patrimonio, aspetti del tutto trascurati dalla programmazione regionale di questi anni.
E’ necessario rivedere profondamente la ex legge regionale 27/2007 sui canoni di edilizia residenziale pubblica e sulla valorizzazione e razionalizzazione del patrimonio, intervenendo sul calcolo degli affitti e facendo in modo che le risorse non servano a coprire i disavanzi dei bilanci Aler, ma a riqualificare e recuperare il patrimonio pubblico. Inoltre, è indispensabile una riforma complessiva del regolamento regionale sugli accessi per correggere le norme che escludono molti di coloro che hanno bisogno, in violazione delle stesse finalità sociali dell’edilizia residenziale pubblica. Gli accessi vanno ancorati ai redditi ma le assegnazioni, nel massimo della trasparenza, dovranno essere distribuite tra giovani, anziani, single e famiglie in uguale misura, senza privilegi, per assicurare un adeguato mix sociale.
In considerazione dell'aggravarsi della crisi economica, proponiamo di aumentare a 34 milioni il Fondo sostegno affitti. Va parallelamente pensato un piano per case ad affitto sostenibile attraverso programmi di edilizia sociale. Le risorse e gli strumenti legislativi della Regione Lombardia devono porsi l'obiettivo di aumentare in modo considerevole il quantitativo di abitazioni in locazione a canoni inferiori al mercato. E' questa la via per dar vita a un comparto che in Italia praticamente non esiste e che si colloca tra l'offerta di mercato in proprietà e l'offerta pubblica in affitto a canoni bassi e sociali. Bisogna sviluppare interventi in questa direzione sostenuti dalla Regione, dalle fondazioni bancarie e da discipline urbanistiche locali incentivanti. Per centrare l’obiettivo dobbiamo però cambiare radicalmente le attuali leggi regionali, che di fatto ne impediscono il decollo. Le leggi fatte dalla giunta Formigoni, anche se recenti, sono infatti ormai obsolete e devono essere riviste perché nate nella logica della casa pubblica finanziata solo da soldi pubblici. Una formula, questa, che ostacola qualsiasi volontà di partecipazione del privato, compreso quello sociale, in un momento di scarse risorse pubbliche e di un’emergenza abitativa ormai assodata e fuori controllo.
E’indispensabile costruire un mercato dell’affitto calmierato in un rapporto di forte sussidiarità con il privato profit e non profit. Perché questo sia possibile, va rivista tutta la normativa fiscale in materia di affitto, sia per gli inquilini, sia per gli operatori e proprietari. Per agevolare lo sviluppo dell’edilizia abitativa destinata al sociale proponiamo:
- la tassazione separata dei redditi da locazione, sia per le persone fisiche che per le imprese, e l’aliquota ridotta al 20 per cento;
- l’azzeramento totale dell’Ici sull’edilizia sociale;
- un regime Iva speciale al 4 per cento;
- canali di finanziamento agevolato per gli operatori e fondi a sostegno delle famiglie a garanzia del pagamento del canone di locazione;
- definizione di un’unica normativa per l’affitto in edilizia sociale, secondo il principio del “chi più ha più paga”, in grado di regolare tanto il patrimonio pubblico, quanto quello realizzato dagli operatori privati;
- l’intervento della Regione per sostenere i canoni di edilizia sociale per i cittadini con bassi redditi.
10. Divario digitale: obiettivo banda larga per tutti
La rivoluzione digitale ha completamente cambiato la società e l'economia contemporanee. Oggi l'esercizio del principali diritti costituzionali non può prescindere dal diritto di accesso alle reti di comunicazione elettronica. La libertà d’espressione attraverso la rete permette alla nostra democrazia di fare un importante passo in avanti. La rete è un’opportunità di crescita per il singolo individuo, per le famiglie, per l’inclusione sociale, per la creatività artistica e per la cultura. Le moderne tecnologie della comunicazione, inoltre, sono fondamentali per la modernizzazione della pubblica amministrazione e per l'innovazione del sistema delle imprese. In questo campo poco, molto poco è stato fatto dal governo di Formigoni. In Lombardia, quasi il 40 per cento dei Comuni è in situazione di divario digitale, il che significa che a una parte rilevantissima di cittadini e di imprese è negato l'accesso a servizi essenziali.
E' quindi indispensabile includere tra le azioni prioritarie del nuovo governo regionale un serio piano di contrasto al divario digitale, nella convinzione che il diritto all’informazione e quello di accesso alla rete siano da considerare beni pubblici a disposizione dei cittadini. Dobbiamo perciò garantire a tutti la connessione a internet attraverso l'estensione della banda larga a tutta la Regione.
Quello che è stato fatto in Lombardia sino a oggi non è sufficiente. Bisogna predisporre un programma per eliminare il divario digitale di prima e seconda generazione su tutto il territorio (oggi ne soffrono ancora, in particolare, le Province della Bassa lombarda). E’ necessario pianificare la realizzazione della futura rete a banda ultralarga di terza generazione (Ngan) e individuare misure per incentivare l’uso dei servizi a banda larga da parte di cittadini e imprese a partire dall’e-government regionale e dalla informatizzazione delle procedure in campo sanitario, formativo, per il pagamento dei tributi e il rilascio delle autorizzazioni.
Fondamentale sarà incenivare i Comuni e tutte le pubblice amministrazioni a investire sulla rete e a portare on line i propri servizi. Di pari importanza deve essere un programma di alfabetizzazione e di educazione consapevole all’uso del personal computer e di tutti gli strumenti informatici, con l’obiettivo di innalzare il livello di competenze della popolazione lombarda a quello delle aree più sviluppate del mondo.
Con Filippo Penati costruiamo l’alternativa di governo in Lombardia
Con Filippo Penati, amministratore affidabile e politico abituato a fare senza strafare, parte la nostra sfida per dare ai cittadini lombardi un’alternativa credibile di governo, una ALTERNATIVA LOMBARDA.
In Lombardia, la politica deve ritrovare l’ambizione di guidare i processi di cambiamento che stanno modificando profondamente l'economia e la società. La riforma in senso federale dello Stato e il processo di integrazione europea hanno riconosciuto alle Regioni nuovi poteri e maggiori responsabilità. In questo quadro, la Lombardia ha guadagnato in centralità, ma ha perso in termini di protezione. Oggi, infatti, le Province lombarde competono in campo aperto, non più solamente su scala nazionale, ma pure nell’arena europea e internazionale. Si contendono quote di mercato, turisti, risorse e investimenti. Vincerà chi saprà declinare al meglio la propria vocazione e i vantaggi competitivi dei singoli sistemi territoriali. E noi siamo convinti che la creatività e l’innovazione dei nostri talenti e delle nostre imprese sapranno imporsi di nuovo nel mondo.
In questo quadro, ha un ruolo strategico la leadership politica regionale. Deve essere una guida capace di fare sistema, di creare sinergie tra enti pubblici, sistema camerale, istituzioni finanziarie, mondo accademico e ogni altro soggetto attivo sul territorio. Una leadership politica, insomma, in grado di indicare il senso di marcia alle comunità lombarde spaesate di fronte ai profondi cambiamenti intervenuti nella società.
Ma non basta. E' necessaria una forte discontinuità col passato. E’ necessario mobilitare tutto il popolo lombardo per unire gli sforzi nel delineare una strada per costruire un futuro che rinnovi una storia di successi. Per fare ciò, bisogna anche cambiare radicalmente la politica lombarda segnata da degenerazioni e da malaffare su cui si è concentrata l’azione della magistratura. I cittadini chiedono di fare pulizia e di restituire credibilità e prestigio alle istituzioni locali e a chi le rappresenta.
Filippo Penati e la sua coalizione sono all'altezza della sfida.. La nostra alleanza è composta da soggetti politici che si riconoscono nel programma di forte rinnovamento della Regione. Dopo 15 anni ininterrotti di giunte Formigoni, ci vuole un’alternativa di governo in Lombardia. Noi la possiamo realizzare. Abbiamo le carte in regola. Siamo infatti credibili perché figli delle migliori tradizioni riformiste e perché ancorati ai grandi movimenti di popolo che, in questi anni recenti, sono stati espressione di un’Italia che non si rassegna alla decadenza morale e civile della nazione.
La proposta delle nostre candidature rispecchia quest’obiettivo. Ci impegniamo a garantire l’effettiva rappresentanza di ciascun genere nella composizione della giunta e delle liste elettorali. Con una squadra rinnovata, che valorizzi coraggiosamente l’entusiasmo e la freschezza delle nuove generazioni, il talento femminile e l’esperienza dei nostri amministratori locali, saremo in grado di dare alla nostra Regione una nuova guida capace di far vincere ai lombardi la sfida epocale del nuovo secolo.
Filippo Penati e il centrosinistra possono offrire alla Lombardia un progetto alternativo forte, in grado di portare nel futuro gli uomini e le donne di queste terre, di rinnovare e di vincere la competizione con le regioni più avanzate del pianeta.
L’ALTERNATIVA LOMBARDA si fonda su cinque punti essenziali:
- investire sulla qualità della vita dei cittadini e delle famiglie;
- costruire nuove protezioni sociali partendo dai bambini e dagli anziani;
- orientare sempre di più la nostra economia alla sostenibilità;
- sostenere le imprese e il mondo del lavoro oltre la crisi;
- promuovere i talenti giovanili e il protagonismo delle donne.
Questa è la nostra sfida per una Lombardia più forte, più sicura, più aperta.
giovedì 11 marzo 2010
13 MARZO - MANIFESTAZIONE A MILANO
Il 10 marzo si sono riuniti i rappresentanti e i coordinatori del Popolo Viola di Milano, di Qui Milano Libera, di Adesso Basta!, Movimento 5 Stelle Lombardia, Italia dei Valori, Sinistra Ecologia e Libertà, Federazione della Sinistra, Verdi, Partito Socialista, Partito Democratico, e hanno concordato il seguente comunicato:
Le forze sociali e politiche democratiche invitano tutte e tutti a mobilitarsi per un forte impegno civile ed etico in difesa della Costituzione e della Democrazia denunciando la gravissima emergenza dell’aggressione del Governo allo Stato di diritto, le leggi ad personam, il cosiddetto legittimo impedimento e il decreto salva liste. Denunciando inoltre l’attacco ai diritti e alla dignità del lavoro, in particolare all’articolo 18, e alla libertà di stampa.
Mettendo da parte la competizione elettorale per difendere la Democrazia e i principi di eguaglianza e dello Stato di diritto che appartengono a tutti.
Le forze sociali e politiche democratiche invitano tutte e tutti a mobilitarsi per un forte impegno civile ed etico in difesa della Costituzione e della Democrazia denunciando la gravissima emergenza dell’aggressione del Governo allo Stato di diritto, le leggi ad personam, il cosiddetto legittimo impedimento e il decreto salva liste. Denunciando inoltre l’attacco ai diritti e alla dignità del lavoro, in particolare all’articolo 18, e alla libertà di stampa.
Mettendo da parte la competizione elettorale per difendere la Democrazia e i principi di eguaglianza e dello Stato di diritto che appartengono a tutti.
Diamo vita ad una grande manifestazione unitaria, partecipiamo tutte e tutti, sabato 13 marzo dalle ore 15 in largo Cairoli a MILANO.
Per maggiori info: www.idvlombardia.it
domenica 7 marzo 2010
ANGELO SANTORI con ANTONIO DI PIETRO
Il video con il messaggio di Antonio Di Pietro a sostegno della candidatura di Angelo Santori per le elezioni del Consiglio Regionale della Lombardia - 2010 - provincia di Bergamo
mercoledì 3 marzo 2010
DI PIETRO A BERGAMO - PRESENTAZIONE CANDIDATI IDV
Domenica 7 c.m., alle ore 18.00, c/o Starhotels - CRISTALLO PALACE in Via Betty Ambiveri, 35 a Bergamo, alla presenza del Presidente dell' Italia dei Valori, On.Antonio DI PIETRO verrà ufficializzata la squadra dei 7 candidati bergamaschi alle prossime Elezioni Regionali del 28/29 marzo 2010.
Vi aspettiamo numerosi!
Ecco i nomi dei sette candidati bergamaschi che correranno nelle liste IdV per il Consiglio Regionale della Lombardia:
Brevi Simonetta
Martinelli Daniele
Mirtani Michele
Santori Angelo
Sola Gabriele
Spada Franco
Spano Alessandro
Vi aspettiamo numerosi!
Ecco i nomi dei sette candidati bergamaschi che correranno nelle liste IdV per il Consiglio Regionale della Lombardia:
Brevi Simonetta
Martinelli Daniele
Mirtani Michele
Santori Angelo
Sola Gabriele
Spada Franco
Spano Alessandro
APPUNTAMENTI SUL TERRITORIO DELL'ISOLA BERGAMASCA
Nell'ambito della Campagna Elettorale per l'Elezione del Consiglio Regionale della Lombardia (28 e 29 marzo 2010), il Gruppo IdV Isola Bergamasca organizza i seguenti appuntamenti sul territorio:
SABATO 6 MARZO 2010 - Gazebo al Mercato di Calusco d'Adda
DOMENICA 7 MARZO 2010 - Gazebo a Sotto il Monte, presso il mercatino dell'antiquariato
SABATO 13 MARZO 2010 - Gazebo a Solza, presso il mercato agricolo a km zero dell'Isola Bergamasca
SABATO 6 MARZO 2010 - Gazebo al Mercato di Calusco d'Adda
DOMENICA 7 MARZO 2010 - Gazebo a Sotto il Monte, presso il mercatino dell'antiquariato
SABATO 13 MARZO 2010 - Gazebo a Solza, presso il mercato agricolo a km zero dell'Isola Bergamasca
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